lunedì 21 settembre 2015
​Giornate Alci, il presidente lancia un appello al governo: affronti il nodo delle diseguaglianze.
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​Ripensarsi alla luce delle nuove sfide, essere «radar nei territori» per ridurre le ineguaglianze. L’impegno per il futuro delle Acli parte da qui, ma i compiti non si fermano al proprio interno. Il presidente Gianni Bottalico, fa un appello anche al governo: «La lotta alla povertà sia al primo posto in agenda, ancor prima della Tasi». E all’Europa chiede «una nuova politica estera» con uno specifico impegno nell’area del Mediterraneo.     In questi tre giorni le Acli hanno aperto una finestra sul mondo delle diseguaglianze. Come affrontarle?  Continueremo a rispondere alle nuove emergenze, a partire da quella attenzione ai poveri che Francesco ci ha sollecitato, sconfiggendo tutto ciò che produce ineguaglianze e rimettendo al centro la dignità della persona umana. L’impegno dei prossimi anni è fornire proposte politiche concrete attraverso la presenza sui territori, essere associazione popolare, cercare di incarnare questi bisogni delle persone. Nel futuro dell’Italia c’è bisogno delle Acli, di un’associazione che sappia stare alle periferie ed alle frontiere sociali e culturali, capace in autonomia di giudizio di elaborare un’idea di società giusta e solidale, di contribuire, come faremo in occasione del Convegno ecclesiale di Firenze, a un nuovo umanesimo cristiano a partire dai temi del welfare e del lavoro, della riduzione delle disuguaglianze e della pace.All’origine della diseguaglianza, però, spesso c’è anche l’origine delle persone…La crescita da sola rischia di accentuare le differenze. Oggi non c’è più l’ascensore sociale. Per questo la lotta alla povertà si fa cambiando strutturalmente il Paese; bisogna ricominciare a costruire una scuola che dia possibilità a tutti, un mondo del lavoro che premi il merito.Per il mercato dell’occupazione non c’è la riforma?Bene l’aver introdotto qualche regola, ma il Jobs Act è una delle tante risposte, se diventa l’unica è inefficace e inefficiente. Le riforma ha prodotto posti a tempo indeterminato, ma maggiore facoltà di licenziamento; per tutelare i lavoratori dobbiamo mettere in cantiere servizi di accompagnamento, che significa garantire a chi perde il lavoro la possibilità di trovarne un altro. Questa è la sfida. Per far ciò servono ad esempio servizi formativi, punto dolente perché affidato allo Regioni e disomogeneo.Il Reis va in questa direzione, quale è il suo appello al governo? Il nostro messaggio a Renzi è semplice: la lotta alla povertà è innanzitutto battaglia di dignità, un punto da mettere in cima all’agenda politica ancor prima della Tasi, ancor prima di tutto. Chiediamo un impegno economico forte per far partire il Reis, visto che le risorse secondo noi possono essere reperite in questa fase di crescita del Paese. Siamo contro le sperimentazioni, perché in questi anni non hanno prodotto risultati, bisogna voltar pagina.Occorre cambiare verso anche sulla questione migranti?  Noi abbiamo raccolto l’impegno del Papa e chiesto ai nostri circoli di impegnarsi nei territori, lavorando con le diocesi, mettendo a disposizione la nostra rete di servizi, la rete di solidarietà e la capacità imprenditoriale. Non si può vivere in emergenza; occorrerà una risposta strutturale da costruire insieme: governo, Terzo settore, volontariato avviino un tavolo e preparino un piano strutturale di accoglienza. C’è un problema all’origine: la politica deve assumersi le proprie responsabilità. L’Europa ha bisogno di una nuova politica estera, una specifica nell’area del Mediterraneo come l’Italia chiede da tempo.E sul versante delle riforme istituzionali interne?Chiediamo a tutte le forze politiche che facciano prevalere l’interesse del Paese, trovando il modo, anche in extremis, di non vanificare il lavoro sin qui compiuto nella direzione di riforme attese da decenni.
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