mercoledì 6 settembre 2017
La famiglia non è stata all'estero, ma nel reparto c'erano due bambini malati, tornati dall'Africa. Ed è polemica anti-immigrati. Aperte due inchieste: si indaga per omicidio colposo.
La piccola Sofia con i genitori in una foto dal profilo Facebook della madre e distribuita da Ansa

La piccola Sofia con i genitori in una foto dal profilo Facebook della madre e distribuita da Ansa

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Il parassita che ha causato la malaria alla bimba trentina di 4 anni morta a Brescia, dopo il ricovero a Trento, è lo stesso che aveva fatto ammalare i due bambini di ritorno dal Burkina Faso che erano in pediatria a Trento negli stessi giorni della piccola: il Plasmodium falcyparum, cioè il più grave tra quelli esistenti di malaria. A dichiararlo è Nunzia Di Palma, direttrice dell'unità operativa di pediatria dell'ospedale di Trento.

Una novità piuttosto attesa, che ora fa puntare gli occhi delle indagini in toto sull'ospedale Santa Chiara di Trento. La Procura cittadina ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti. La priorità ora è accertare se siano stati seguiti i protocolli prescritti per le cure per ricostruire con precisione le tappe cliniche che hanno portato alla morte della piccola Sofia, la cui autopsia è stata fissata per domani a Brescia.

Il punto decisivo ora sarà stabilire se anche il ceppo del parassita è lo stesso visto che «possono essercene di diversi - continua Di Palma» Di questo si sta occupando in queste ore l'Istituto superore di sanità. «Se dalle analisi in corso emergesse che il ceppo o variante di Plasmodium Falciparum che ha provocato la malaria nei due bambini ricoverati a Trento e nella piccola Sofia fosse lo stesso, allora il contagio della bambina sarebbe sicuramente avvenuto in ospedale ma resterebbe da capire in che modo», spiega ad Avvenire il vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, Massimo Galli.

Intanto proprio dall'ospedale arriva la notizia che nessuna zanzara anofele è stata trovata nelle trappole sistemate nel reparto di Pediatria Ad annunciarlo è Paolo Bordon, direttore generale dell'Azienda per i servizi sanitari della Provincia di Trento. «Le trappole - spiega - sono risultate negative per la presenza di questi insetti», generalmente assenti in Italia, «per quanto riguarda la giornata di martedì». «Ma non si può escludere che ce ne fossero nei giorni in cui la bambina si trovava ricoverata in ospedale, quando c'erano anche i due piccoli affetti da malaria, poi guariti. Non abbiamo a oggi nessuna evidenza di contatto» con loro, per cui «gli esperti dicono che prenderebbe più piede l'ipotesi della “zanzara nella valigia”, proprio dei piccoli pazienti del Burkina Faso».

A Trento altri 4 i malati di malaria oltre a Sofia

Oltre ai due bambini africani in pediatria, all'ospedale di Trento la direzione ha confermato che c'erano anche la mamma e un fratello più grande, adolescente, ricoverati invece nel reparto degli adulti. Entrambi, come i bimbi più piccoli, che erano due femmine di 4 e 11 anni, sono guariti e sono ormai stati dimessi.

«La famiglia è arrivata in ospedale portando le due bambine, perché avevano la febbre alta, dicendo che erano tornati da una settimana da un viaggio in Burkina Faso» riferisce Di Palma. «Il fratello maggiore, adolescente, era stato il primo ad avere sviluppato i sintomi e ad essere ricoverato nel reparto di malattie infettive, dov'è stata poi curata anche la mamma. Entrambi erano stati dimessi dopo quattro giorni. Il papà e un altro bimbo, lattante, non presentavano sintomi e non so se avessero partecipato al viaggio». «In pediatria - continua Di Palma - la prima ad arrivare di quella famiglia di ritorno dall'Africa era stata la bambina di 11 anni. Era il 16 agosto sera ed è stata dimessa il 21. Quella di 4 anni è arrivata il 20 ed è stata dimessa il 24». Considerando che la Sofia è rimasta in pediatria a Trento dal 16 al 21 agosto, i giorni di concomitanza con le due bimbe con malaria ci sarebbero.

«La piccola - chiarisce il primario di pediatria dell'Ospedale di Trento, Nunzia Di Palma - già il 18 e il 19 poteva uscire dall'ospedale tre o quattro ore al giorno, perché le sue cure per il diabete lo permettevano, e il 20 ha potuto farlo per l'intera giornata, tornando solo per dormire e per essere dimessa la mattina del 21». Con questo la direttrice dell'unità operative di pediatria intende sottolineare quanto in realtà «sia stato materialmente poco il tempo in cui la bimba era presente mentre le altre due ammalate di malaria erano in reparto». Fatto salvo che è noto come non sia possibile la trasmissione della malaria da uomo a uomo con dei semplici contatti.

La vicenda

Ha avuto la febbre alta per una settimana e poi è entrata in coma Sofia Zago, la bimba trentina di 4 anni uccisa dalla malaria in una stanza del reparto malattie infettive dell'ospedale civile di Brescia. La piccola era giunta all'ospedale lombardo in gravissime condizioni, trasferita dal "Santa Chiara" di Trento, dove i medici le avevano diagnosticato l'infezione. I genitori della piccola, papà Marco e Francesca Ferro, si erano preoccupati perché la figlia secondogenita aveva febbre alta attorno ai 40 gradi che non cessava a diminuire. Quando è entrata in ospedale Sofia era già priva di conoscenza e dopo che esami di laboratorio hanno accertato la malaria, è entrata in coma. Da qui il trasferimento in elicottero a Brescia, al reparto malattie tropicali.

La famiglia non era andata in vacanza in Africa o in luoghi dove è possibile contrarre la malaria ma aveva trascorso qualche settimana prima le vacanze a Bibione, sul litorale veneto. I genitori non si danno pace e chiedono di sapere in quali circostanze Sofia abbia potuto contrarre la malaria. (ECCO TUTTO QUELLO CHE C'È DA SAPERE SULLA MALATTIA)

Durante la vacanza, il 13 agosto, la bimba era stata in ospedale a Portogruaro per un esordio di diabete infantile. Poi, il 16 agosto, la piccola era stata ricoverata a Trento sempre per curare il diabete, nel reparto di pediatria, secondo la ricostruzione del direttore generale dell'Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari del Trentino) Paolo Bordon. «L'ultimo giorno del ricovero, il 21 agosto, è arrivata in ospedale una famiglia del Burkina Faso, di ritorno da un viaggio nel Paese d'origine, con due bambini con la malaria, poi guariti».

Dopo di allora Sofia ha avuto la febbre e il secondo ricovero data 2 settembre, quando è arrivata al Pronto soccorso priva di conoscenza. «Rianimazione e pediatria hanno sospettato che si trattasse di epilessia, ma gli accertamenti del caso sono risultati negativi - ha continuato Bordon -. Un emocromo invece ha insinuato il sospetto di malaria e un supplemento di indagine ha rilevato la presenza del Plasmodium falciparum, una malaria delle più aggressive. È stato quindi contattato immediatamente l'ospedale di Brescia, di riferimento per le malattie tropicali, ed è stata trasferita sabato in elisoccorso, in condizioni gravissime. Ieri alle 12.15 è avvenuto il decesso".

Il primario del reparto malattie infettive del "Santa Chiara",

Claudio Paternoster

ha detto che "è il primo caso in trent'anni di carriera" ricordando che "in base alla nostra conoscenza in Italia non esistono vettori che trasmettano la malaria". Paternoster ha aggiunto che "saranno effettuati indagini approfondite assieme ai servizi di veterinaria ed igiene pubblica per trovare le cause di quanto accaduto".


Sul caso la magistratura bresciana ha aperto un fascicolo e così anche la Procura di Trento.

Gli esperti di malattie tropicali lo hanno definito un caso «criptico», perché questa malattia viene trasmessa solo da un certo tipo di zanzara, che in Italia non c'è e quindi è ignota la modalità di trasmissione. Se Sofia non è stata punta dall'insetto, allora la trasmissione può avvenire con contatto sangue nel sangue e quindi da qualcuno che ha già contratto il virus.

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha chiesto una relazione sull'accaduto all'Assessorato alla salute della Provincia Autonoma di Trento e ha inviato un gruppo di esperti per accertare le modalità del contagio.

La presenza di due bambini affetti da malaria nel reparto di Trento in cui è stata ricoverata anche Sofia, prima del trasferimento a Brescia, ha subito innescato la polemica politica. La Lega Nord, attraverso Paolo Grimoldi, ha scritto in un comunicato che «sembra evidente che a portare in Italia malattie che da noi erano state debellate da decenni sono gli immigrati che arrivano dall'Africa". Poi l'affondo contro il governo: "Il ministro Lorenzin, al posto di gettare nel caos le nostre famiglie e le nostre scuole obbligando i nostri bambini a una serie di inutili vaccini, perché invece non si occupa di bloccare sul nascere il diffondersi di malattie che da noi erano scomparse come appunto la malaria?».

E Michaela Biancofiore, coordinatrice regionale di Forza Italia in Trentino-Alto Adige, scrive che "l'approdo massiccio di persone provenienti da Paesi africani nei quali alcune malattie debellate da tempo secondo l'Oms a livello europeo, si stiano rimanifestando in maniera rilevante in Italia, è più che un sospetto».

L'Italia già nel 1970 è stata dichiarata dall'Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) indenni da malaria. I casi di malaria, quasi totalmente d'importazione, non sono, però, scomparsi. Ecco perché il ministero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanità hanno mantenuto attivo un sistema di sorveglianza che prevede una continua valutazione della situazione epidemiologica. Molto rari - meno di due l'anno - sono i casi di malaria autoctona, ovvero contratta sul territorio nazionale, come pare quello della bimba di Trento.

A fine 2016 il ministero della Salute aveva pubblicato i dati sulla malaria in Italia, riferiti al periodo 2011-15. Si parla di 3.633 casi di malaria notificati, di cui 89% con diagnosi confermata. La quasi totalità sono d'importazione, i casi autoctoni riportati sono stati sette in cinque anni: due indotti (acquisiti attraverso mezzi artificiali come trasfusioni), tre criptici (non identificata la fonte d'infezione), uno sospetto da bagaglio, uno sospetto introdotto (P. vivax) cioè trasmesso da zanzare indigene. Nel periodo preso in considerazione tra i cittadini italiani si è riscontrato il 20% dei casi, di cui il 41% in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21% per volontariato/missione religiosa. Gli stranieri rappresentano l'80% dei casi, l'81% di questi sono da registrarsi fra immigrati regolarmente residenti in Italia e tornati nel Paese di origine in visita a parenti ed amici, il 13% tra immigrati al primo ingresso.


Negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie ai programmi di lotta e controllo promossi dall'Oms. Nell'aprile del 2016, I'Ufficio Regionale Europeo dell'Oms ha comunicato agli Stati membri l'eradicazione della trasmissione di malaria autoctona sul territorio della Regione Europea. Nelle aree tropicali e sub topicali la malaria rappresenta tuttora la più importante malattia trasmessa da vettore. Nell'ultimo rapporto sulla situazione mondiale della malaria, pubblicato dall'Oms, sono stati riportati 95 Paesi ancora con endemia malarica, circa 214 milioni di casi e 438 mila decessi nel 2015 secondo il World Malaria Report.



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