sabato 22 settembre 2018
Audio del portavoce del premier: "Senza reddito di cittadinanza cacciamo i dirigenti". Giorgetti (Lega) frena. Fi e Pd: licenziamento. Conte: fiducia in lui. Il Mef: scelte toccano alla politica.
Il portavoce Casalino affacciato a un balcone di Palazzo Chigi

Il portavoce Casalino affacciato a un balcone di Palazzo Chigi

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Non si può dire "rubato" l’audio registrato su whatsapp dal portavoce del governo Rocco Casalino, che promette una «megavendetta» contro i tecnici del ministero delle Finanze, se non troveranno i fondi per il reddito di cittadinanza. L’ex star del Grande Fratello lo fornisce a due giornalisti di Huffington post ai quali chiede di non rivelarne la fonte, ma solo il contenuto. E però l’eco delle minacce volgari viene diffuso e nell’arco di 24 ore è nelle redazioni e sui siti di tutti i giornali, e in rete diventa virale. Piovono le richieste di dimissioni da parte delle opposizioni, ma il premier Conte, i 5 stelle e tutta la maggioranza fanno quadrato.

Nell’audio, Casalino non vuole neanche ipotizzare che salti il provvedimento su cui M5s ha vinto le elezioni, ma se accadesse, «tutto il 2019 ci concentreremo a far fuori tutti questi pezzi di m... del Mef», dice chiaramente. Parole pesanti come macigni, che qualcuno spera non appartengano davvero al portavoce di Conte. E però è lo stesso capo della comunicazione a rammaricarsi – forse troppo ingenuamente – per la diffusione della conversazione privata, che l’ingegnere avrebbe voluto fosse attribuita a fonti anonime. «La pubblicazione viola il principio costituzionale di tutela della riservatezza delle comunicazioni e, nel caso fosse accertato che sia stato volontariamente diffuso ad opera dei destinatari del messaggio, le più elementari regole deontologiche che impongono riserbo in questa tipologia di scambi di opinioni», dice.

Una linea che il presidente del Consiglio Conte sposa in pieno, fino a rinnovare piena fiducia a Casalino. «A monte di questa vicenda c’è una spiacevole e grave violazione. Io sono l’avvocato popolo, ci mancherebbe che dismetta le mie vesti da avvocato», commenta il premier. «Non deve sfuggirvi che ci sono principi costituzionali e regole deontologiche che sono state violate e mi rifiuto persino di entrare nel merito di quel messaggio. Quindi, confermo la fiducia al mio portavoce e posso assicurare che questo governo sta lavorando, e siamo tutti concentrati in questo, sulla manovra migliore per questo Paese. Il resto non mi interessa».
Non interessa neppure a Matteo Salvini, che non sente le ragioni dei suoi alleati di centrodestra, convinti che il portavoce vada cacciato da Palazzo Chigi. «Non mi appassionano gli audio rubati», taglia corto il vicepremier, leader della Lega, che evita di farsi trascinare nella vicenda. Così come il suo braccio destro Giorgetti, che si limita a un «non credo che il portavoce del premier abbia il potere di cacciare qualcuno».

Non così il vicepremier pentastellato. «Non voglio generalizzare, ma è chiaro ed evidente che il sistema, negli ultimi 20 anni, ha piazzato nei gangli fondamentali dello Stato dei servitori dei partiti e non dello Stato. E questo mi preoccupa molto», arringa su Facebook Luigi Di Maio. Per il quale, a fronte di un esecutivo unito, «c’è chi rema contro, ovvero una parte della burocrazia dei ministeri».

Quanto alle "veline" dei partiti e dei governi sono sempre esistite, dice il ministro del Lavoro. «I giornalisti che hanno rilanciato questa notizia non hanno messaggi vocali o sms dei portavoce di Renzi, Berlusconi o di Salvini, in cui si indica la linea politica o addirittura si attacca un esponente del loro stesso partito? Abbiano il coraggio di dire che è così. Almeno ritroviamo il sorriso!», incalza, mettendo lo stesso alleato leghista nel mucchio.

Nel M5s la linea è compatta. Anche il presidente della Camera Roberto Fico spezza una lancia nei confronti di Casalino: «A me sembra assurdo che giornalisti che ricevono il messaggio facciano uscire le proprie fonti. È decontestualizzato. Voi chiamate sempre anche me, se io per caso vi mando un messaggio credo che voi non dobbiate farlo uscire», commenta.
Parole che fanno imbestialire Matteo Renzi, che fa notare volentieri a quanti nel Pd guardano a Fico come possibile futuro alleato come «il problema per lui non è Casalino che minaccia vendette: il problema sono i giornalisti. E questo sarebbe quello bravo dei 5 stelle...».

Il segretario dem Maurizio Martina non raccoglie e tuona: «Cose mai viste, parole inaudite». E con tutto il Pd chiede le dimissioni del portavoce. Questa volta l’opposizione è compatta. Da Gelmini e Bernini, anche Fi si unisce alla richiesta di dimissioni. E Antonio Tajani prende le distanze: «Non ci interessa stare al governo con Casalino, Toninelli, Di Maio... siamo fieri di stare all’opposizione».
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