Oltre 200 Ong chiedono alla Ue di non varare regole repressive sui rimpatri

Tra i promotori ci sono realtà internazionali ma anche locali. Per l’Italia hanno firmato Asgi, Ics di Trieste e Naga di Milano: «Il testo presentato dalla Commissione delinea misure coercitive»
September 15, 2025
Oltre 200 Ong chiedono alla Ue di non varare regole repressive sui rimpatri
ANSA | Migranti in attesa di identificazione
Rimpatriare, mandare via in fretta, a casa loro, gli stranieri che non hanno diritto legale di restare nel territorio dell’Unione europea, e se non è possibile farlo, trasferirli altrove, anche verso Paesi dove non hanno mai messo piede prima. L’obiettivo della nuova proposta di Regolamento sui rimpatri nell’Ue, ripetuto di continuo ad ogni occasione pubblica, è di «avviare procedure più rapide, semplici ed efficaci» per allontanare le persone. Quello cioè che ancora oggi sembra non riuscire ai Paesi dell’Unione, visto che nel primo trimestre del 2025, secondo Eurostat, sono stati rimpatriati 28.475 cittadini extra-Ue a fronte di 123.905 a cui era stato intimato di lasciare un Paese membro (con l’Italia che fa meno degli altri, ottava per volumi di trasferimenti da gennaio a marzo, tredicesima nel secondo trimestre 2025).
Mentre si avvicina la data di entrata in vigore, il 12 giugno del prossimo anno, del Patto sulla migrazione e l’asilo, entra nel vivo la discussione sulla nuova proposta di Regolamento per un sistema comune di rimpatri presentata dalla Commissione europea lo scorso marzo. In vista del voto del Consiglio dell’Ue, con la prima “posizione di compromesso” del Consiglio che sarà pubblicata questa settimana, c’è chi torna a far sentire la propria voce profondamente critica. Ieri, in un documento diffuso congiuntamente, 207 organizzazioni per i diritti umani sono intervenute per invitare la Commissione europea a ritirare la proposta e per sollecitare il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue a respingerla nella sua forma attuale.
Tra i firmatari, ci sono oltre 100 Ong internazionali come Amnesty International, Msf, la Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (Picum) e Avocats Sans Frontières (Asf). A queste si aggiunge una lunga lista di un altro centinaio di organizzazioni locali. Per l’Italia, tra gli altri, hanno firmato l’Asgi Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione di Torino, il Consorzio Italiano di Solidarietà (Ics) di Trieste e il Naga di Milano. «La proposta delinea misure coercitive, traumatizzanti e che violano i diritti, basate sull’imperativo di aumentare i tassi di espulsione» si legge nel documento congiunto. «Invece di concentrarsi su protezione, alloggio, assistenza sanitaria e istruzione, il Regolamento si basa su politiche punitive, centri di detenzione, espulsioni e misure repressive. (…) Spingerà un numero sempre maggiore di persone in un limbo giuridico».
Secondo i firmatari, la proposta renderebbe possibile, per la prima volta, espellere una persona contro la sua volontà verso un Paese al di fuori dell’Unione con cui non ha alcun legame personale, attraverso il quale ha solo transitato brevemente o in cui non è proprio mai stato. Il Regolamento proposto consente inoltre l’istituzione dei cosiddetti “centri di rimpatrio” (return hubs), centri di detenzione che ospiteranno chi attende l’espulsione, al di fuori dell’Ue. Quello che l’Italia cerca di fare in Albania. «In linea con i passati tentativi di delocalizzare o esternalizzare le responsabilità in materia di asilo, come quelli di Australia, Regno Unito o Italia, tali proposte rischiano di avere costi esorbitanti, comportare significativi rischi diplomatici e ampliare i divari e le divergenze tra le politiche di asilo e migrazione dei paesi Ue». E proprio dai Balcani, una delle organizzazioni firmatarie, il Border Violence Monitoring Network, attraverso il portavoce Anas Ambri, commenta: «Con la sua proposta di hub per il rimpatrio, la Commissione europea dimostra, ancora una volta, di non essere in grado di trattare le persone in transito con umanità e dignità. Al contrario, l’Ue sembra intenzionata a trasformare i paesi dei Balcani in depositi per individui di cui vuole liberarsi, a scapito delle sue cosiddette relazioni di buon vicinato».
Altra pesante critica è che il nuovo Regolamento, se approvato, promuoverebbe «l’uso sistematico della detenzione” estendendone “significativamente la durata massima, da 18 a 24 mesi». E, aggiunge il documento congiunto, oltre a contemplare che anche i minori possano essere detenuti, amplierebbe «i motivi di detenzione, includendo criteri che, di fatto, coprono la maggior parte delle persone entrate in Europa irregolarmente o che si trovano in una situazione di irregolarità. Ad esempio, la mancanza di documenti o la condizione di senzatetto sarebbero motivi sufficienti». Così, questo Regolamento «aprirà la strada a un regime distopico di detenzione e deportazione, con decine di migliaia di persone rinchiuse nei centri detentivi per migranti in tutta Europa, famiglie separate e persone inviate in Paesi che non conoscono nemmeno» commenta Silvia Carta, advocacy officer del Picum di Bruxelles. Mentre, in un trilaterale il 29 agosto a Roma, i ministri dell’Interno di Italia, Francia e Germania avevano definito la proposta «un progresso nella direzione auspicata», le organizzazioni firmatarie del documento diffuso ieri sono lapidarie: «Questo Regolamento deve essere respinto».

Il testo proposto: fra novità e strette: dal 2027 diventerà obbligatorio

I critici parlano di “regolamento per le deportazioni”. In effetti il testo proposto a marzo dal commissario europeo agli Affari Interni Magnus Brunner per un regolamento sui rimpatri – in sostituzione dell’attuale direttiva rimpatri – segna davvero un pesante stretta per i migranti. Spicca la “possibilità giuridica” di inviare persone oggetto di foglio di via in return hub, centri di rimpatrio in Paesi terzi. Le condizioni e la durata della permanenza dei migranti saranno regolati da accordi bilaterali. Altra novità è la creazione di un “ordine di rimpatrio europeo”: il foglio di via emesso da uno Stato Ue vale per tutta l’Unione, il migrante non potrà sottrarsi spostandosi in un altro Stato membro. Previsto un periodo di transizione: il riconoscimento reciproco sarà volontario fino a metà 2027 quando la Commissione lo renderà obbligatorio. Altro punto: la possibilità di estendere fino a 24 mesi (dai 18 attuali) la detenzione di migranti oggetto di foglio di via che cerchino di nascondersi, o anche oltre per ragioni di sicurezza. Il testo dovrà ora essere approvato dagli Stati membri e dal Parlamento Europeo. (G.M.D.R.)

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