Meloni: «La nostra forza è l’unità». I leader Ue: «Garanzie ferree»
La premier contenta per gli «spiragli» e l’assenso alla idea di estendere l’art. 5 della Nato. E Macron rilancia: «Dopo il trilaterale un vertice a 4 con l’Europa»

Giorgia Meloni arriva a Washington con obiettivi precisi su fronti opposti. Il primo, sponda Ue, è fare della proposta italiana sulle garanzie di sicurezza per Kiev la linea comune dei sette leader europei autoconvocatisi alla Casa Bianca. Il secondo è convincere i colleghi al di qua dell’Atlantico che il sostegno a Donald Trump nel processo di pace avviato con Putin è imprescindibile. Due punti che il capo dell’esecutivo rappresenta ancora prima di sedersi al tavolo preparatorio del fronte europeo all’ambasciata ucraina, nel breve punto stampa con i cronisti italiani. La premier si dice «contenta» che sulla sicurezza si parta dalla direzione indicata da Roma, ovvero la possibilità di estendere a Kiev l’articolo 5 del Trattato della Nato, ma senza l’ingresso formale di Kiev nell’Alleanza. Poi però riconosce al presidente americano, pur senza nominarlo, il merito di aver aperto «spiragli di dialogo» dopo tre anni e mezzo di muro contro muro. Una circostanza, sottolinea, resa possibile dallo stallo sul campo, raggiunto grazie al coraggio degli ucraini e al sostegno occidentale. È questo il punto su cui Meloni batte con più insistenza: «L'unità dell'Occidente è lo strumento che abbiamo per costruire pace e garantire giustizia. L'Italia c'è, come c'è sempre stata in questi tre anni e mezzo». Chiaramente, aggiunge, «non ci sono soluzioni facili quando si tratta di fermare una guerra», ma andranno esplorate «tutte quelle possibili per garantire pace, giustizia e sicurezza per le nostre nazioni». L'Italia farà la sua parte con «il contributo di proposte che ha già dimostrato di saper garantire in questi mesi». E ovviamente Roma resta disponibile a «ospitare un eventuale incontro tra Putin e Zelensky».
Fin qui gli obiettivi di Meloni, solo in parte sovrapponibili al resto della delegazione europea giunta ieri a Washington. Ma al di là dei contrasti interni, l’immagine del presidente americano intento a parlare con Zelensky mentre i sette leader europei fanno anticamera in attesa che venga il loro turno, consegna una prospettiva molto di sotto delle aspettative. È vero, Macron, Starmer, Merz, Stubb, Meloni, Von der Leyen e Rutte (Nato) vengono tutti accolti in pompa magna, con tanto di tappeto rosso e guardia d'onore militare sul South Lawn della residenza del commander in chief. E la premier italiana riceve anche elogi diretti del presidente Usa per la sua «grande leadership, di ispirazione per molti nonostante la giovane età». Ma questo non cambia la sostanza delle cose. A guidare le danze è Trump e la “scorta” europea al seguito del presidente ucraino non ne esce benissimo.
La circostanza riflette la confusione sull’atteggiamento da tenere rispetto ai negoziati. Se l’obiettivo comune è per tutti la pace, il fronte europeo resta diviso sul modo di raggiungerlo. Un nodo che verrà ripreso oggi nella riunione del Consiglio Europeo in video conferenza convocata ieri dal presidente Antonio Costa, dove forse si capirà in che modo si potrà trasformare l’Ucraina in un «porcospino d’acciaio indigesto per possibili invasori» (copyright di Ursula Von der Leyen). C’è chi, come il presidente francese Macron, è disposto ad alzare il tiro e pretende dagli Usa garanzie di intervento nel caso in cui Putin dovesse proseguire la sua campagna di aggressione. Una linea ribadita anche nel vertice dei Volenterosi tenutosi domenica: «La prima delle garanzie di sicurezza per l'Ucraina è un esercito ucraino forte, solido e robusto». Questo per Macron viene prima di qualunque ipotesi di estensione a Kiev dell’articolo 5 del trattato atlantico. «Il nostro obiettivo è quello di presentare un fronte unito tra europei e ucraini», ha detto ancora il capo dell'Eliseo, per questo «chiederemo agli Stati Uniti d'America fino a che punto e in che misura sono pronti a unirsi, dal momento che abbiamo messo sul tavolo garanzie di sicurezza». Macron, peraltro, è stato l’unico leader presente ieri a Washington a chiedere che al prossimo, auspicato trilaterale con Trump, Putin e Zelensky segua anche una «riunione a quattro» con l’Unione.
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