Maddalena e gli altri 3mila volontari (che sono il segreto della festa)
C’è chi fa i conti e chi prepara tutto e poi torna a casa, ma è la gratuità di chi si impegna nella realizzazione del grande evento di Rimini che lo rende possibile da sempre

Maddalena De Bernardi ha costruito Camelot, la mitica fortezza di re Artù. Fondali colorati, case e piazze dell’epoca in scala, modellini dei Cavalieri della Tavola rotonda. Un’atmosfera che permette ai ragazzi che visitano la mostra dedicata a questi intramontabili eroi di immergersi nel clima del tempo e di capire che quell’avventura è qualcosa che c’entra con il loro presente, con la ricerca della felicità. Prima aveva costruito “l’albero di Gaudì”, fonte di ispirazione per l’architetto catalano per realizzare le colonne della Sagrada Familia: la natura come modello per ricondurci al Creatore. Maddalena ha appena compiuto 21 anni, è iscritta al secondo anno di grafica d’arte all’Accademia di Brera di Milano, sta lavorando nel cantiere del Villaggio ragazzi: è una dei 600 volontari – per la maggior parte universitari, ma anche studenti delle superiori e adulti – che fino a ieri hanno preparato gli allestimenti che da oggi ospitano la kermesse riminese. «È un’occasione per mettere in gioco ciò che ho imparato in Accademia e per creare un luogo abitato dalla bellezza. Ma c’è di più, molto di più: è il mio piccolo contributo per costruire il Regno di Dio su questa terra».
Giovanna Vezzoso, classe 1957, è una veterana: da Piacenza scende a Rimini come volontaria fin dalla prima edizione, agosto 1980. «Ogni volta mi metto a disposizione per costruire questo grande avvenimento, quest’anno invita a farlo anche il titolo: “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. Di solito lavoro al Bar Alcamo, il punto di ristoro più frequentato del Meeting: è una goduria vedere gente di ogni età e provenienza che si dà appuntamento lì per una granatina o un arancino e si racconta la vita. Tutti gli anni è una sorpresa. Se dovessi sintetizzare in poche parole quello che vedo accadere in quei giorni, direi “una passione per l’uomo”».
Tra gli oltre 3.000 volontari – cuochi, camerieri e baristi, guide per le mostre, addetti alle pulizie e alle casse, posteggiatori, autisti, hostess e steward per accompagnare i numerosi ospiti – c’è anche chi arriva dall’estero, come lo spagnolo Jesùs Angel Pindado Ocaña, insegnante alle scuole elementari, che ha cominciato nel 2004 vendendo i biglietti della sottoscrizione a premi, uno dei canali con cui il Meeting si finanzia. «Devi andare all’attacco, farti coraggio per proporre l’acquisto alla gente, attaccare bottone, e in questo modo ho conosciuto persone e storie da tutto il mondo». L’anno dopo, per utilizzare la sua conoscenza delle lingue, gli hanno proposto di fare lo steward e «così ho avuto l’onore di accompagnare vescovi, cardinali e relatori importanti, per me è stata l’occasione di guardare il Meeting attraverso i loro occhi: un’avventura fantastica. Nel 2014 ho accompagnato Charlie Olivero, uno dei preti delle baraccopoli di Buenos Aires amico di Papa Francesco. E lui mi ha fatto un grande regalo: pochi giorni dopo mi ha portato con sé a incontrare il Santo Padre, due ore di colloquio che non potrò mai dimenticare».
La prima volta da volontario per Stefano De Mauro è stata quando aveva finito la quarta liceo. Da allora non è mai mancato, oggi ha 32 anni ed è il coordinatore di Casa Livatino, un luogo che a Catania ospita detenuti agli arresti domiciliari. «Anche lì dentro c’è l’occasione per costruire con mattoni nuovi, come invita a fare il titolo del Meeting». La sua esperienza è cominciata come “spicciolaio”: faceva la spola tra le casse e la tesoreria per scambiare monete con banconote, un lavoro umile ma importante per garantire il funzionamento di una manifestazione complessa e affollatissima. Da qualche anno è stato “promosso” a cassiere: «Ogni giorno incontri un botto di persone. È una grande occasione per conoscere, intessere relazioni, concepire il lavoro come un servizio. Un’esperienza educativa che porta frutto per il resto dell’anno».
«Anche io come Stefano sono uno che conta e che ha sempre contato – sorride Luigi Gallo, pensionato, alla ventiseiesima partecipazione –. Dopo una vita in banca ho fatto per molte edizioni il cassiere al Meeting, da qualche tempo lavoro all’ufficio tesoreria-amministrazione dove conteggiamo l’attività di ristoranti e bar. Anche maneggiare i soldi può diventare un’esperienza che educa alla gratuità, ad offrire tempo e competenze». Nel 2021 il figlio Francesco, 23 anni, è morto in un incidente in moto. Poteva crollargli il mondo addosso, invece ha deciso di andare comunque a Rimini «perché lì c’è quello che dà senso ed energia alla mia esistenza. L’anno successivo il titolo del Meeting era “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”: sembrava fatto apposta per Francesco, una vita breve ma intensa e popolata di amicizie che la rendevano lieta».
Enrico Albani è arrivato a Rimini da dieci giorni e ci resterà fino al 30 agosto: sono le sue ferie, interamente consumate per curare il pre-Meeting – momento essenziale per il buon esito della manifestazione – e coordinare i 3.000 volontari, tra cui gente che viene da Argentina, Germania, Perù, Polonia, Spagna, Stati Uniti e Svizzera. Tutte le vacanze “bruciate” così: una scelta radicale che replica da anni. «Lavorare qui, respirare questo clima diventa utile anche sul lavoro: in azienda dirigo una squadra di 35 persone e Rimini è una grande scuola di vita in termini di relazioni umane, cura dei dettagli, passione per il lavoro che ti viene assegnato. E poi è uno spettacolo il clima umano che s’incontra qui, tanti ragazzi animati da una passione che smentisce gli stereotipi nei quali solitamente viene ingabbiato il mondo giovanile: sdraiati, sballati, disinteressati. Invece no: quando si misurano con una proposta affascinante, sono pronti a dare la vita». Molti di quelli che hanno lavorato al pre-Meeting sono tornati a casa prima dell’inizio della manifestazione, li aspettano le sessioni di esami o i test d’ingresso all’università. «Costruiscono un’opera, ne respirano il clima anche se non la vedranno in azione. Non è un segno di gratuità?».
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