L'Italia che scotta: in città la temperatura media supera i 35°C
Le ondate di calore non risparmiano nessun centro urbano. A Milano su un tappetino da gioco misurati 85°C. Ma all'ombra i valori calano drasticamente. Le proposte: più verde e rifugi climatici

Il grande caldo ha concesso una tregua in questi ultimi giorni, ma le temperature record di luglio – e le previsioni dicono che a breve l’afa tornerà – non lasciano spazio a dubbi. Non c’è città che sfugga alle ondate di calore. I dati di bilancio sulle temperature medie ambientali e delle superfici registrate da Legambiente in 10 quartieri di Roma, Napoli, Bologna, Milano e Palermo con la sua campagna “Che Caldo Che Fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”, realizzata con il supporto di Banco dell’Energia e in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, parlano chiaro. Nelle 171 termografie scattate da fine giugno al 27 luglio è stata registrata una temperatura ambientale media di 35,4°C, con la massima di 43°C nel quartiere di Secondigliano, a Napoli, e la minima di 29,5°C a Murri, Bologna. Le temperature medie delle 509 superfici monitorate (tra asfalto, cemento, sanpietrini, aiuole, macchine, ecc) si attestano, invece, a 45,6°C. Preoccupano i picchi massimi di temperature, che hanno registrato una media di 75,5°C, con un valore minimo di 63,7°C a Barca, Bologna, rilevato su una pavimentazione in mattonatura esposta al sole, e un valore massimo di 85,4°C nel quartiere Argonne a Milano, rilevata su un tappetino in gomma in un parco giochi esposto al sole. Un’emergenza climatica certificata anche dai bollini rossi emessi da fine maggio a luglio: ben 203, “appiccicati” su 24 delle 27 città monitorate.
La ricerca ha evidenziato che alcune zone urbane sono però meno arroventate di altre. Viali alberati, ombreggiature, rifugi climatici, infrastrutture blu possono, infatti, fare la differenza e determinare un abbassamento delle temperature delle superficie irradiate dal sole. La controprova arriva proprio dai tappetini antiurto alla base dei parchi giochi per bambini, che hanno fatto registrare una differenza tra le temperature medie pari a 35,9°C, tra quando sono esposti ai raggi del sole (temperatura media rilevata 70,9°C) e quando sono ombreggiate (temperatura media rilevata di 35°C). L’asfalto passa invece da una media di 55,2°C, quando assolato, a 31,2°C in condizioni di ombreggiamento.
La ricerca ha evidenziato che alcune zone urbane sono però meno arroventate di altre. Viali alberati, ombreggiature, rifugi climatici, infrastrutture blu possono, infatti, fare la differenza e determinare un abbassamento delle temperature delle superficie irradiate dal sole. La controprova arriva proprio dai tappetini antiurto alla base dei parchi giochi per bambini, che hanno fatto registrare una differenza tra le temperature medie pari a 35,9°C, tra quando sono esposti ai raggi del sole (temperatura media rilevata 70,9°C) e quando sono ombreggiate (temperatura media rilevata di 35°C). L’asfalto passa invece da una media di 55,2°C, quando assolato, a 31,2°C in condizioni di ombreggiamento.
Che fare allora per rendere più sopportabile (e più salubre) l’estate in città? Legambiente propone che le amministrazioni (qualcuno lo sta già facendo) si dotino di una governance climatica efficace e inclusiva. In particolare occorre prevedere infrastrutture verdi e blu all’interno del tessuto urbano, come alberature, tetti e pareti verdi, parchi, giardini e fasce di vegetazione, in combinazione con infrastrutture naturali o seminaturali. Necessario poi adottare regolamenti edilizi che impongano di adottare materiali permeabili al suolo e in grado di assorbire meglio i raggi solari. Utilissimi anche i "rifugi climatici" nei quartieri, centri di raffrescamento naturali e di comunità, valorizzando cortili, giardini scolastici e spazi pubblici ombreggiati durante i mesi estivi. Parliamo di oasi di ristoro dal caldo.
“Le città – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – soffrono sempre più gli effetti della crisi climatica, dalle ondate di calore agli eventi meteo estremi. Con il bilancio della nostra campagna Che Caldo Che Fa! abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della ”“povertà di raffrescamento” portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere o viceversa piantare alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore”.
Emerge anche il fenomeno della cooling poverty: l’afa aggrava diseguaglianze e fragilità già esistenti; ad esempio, nei quartieri e nelle periferie delle città più densamente abitate, principalmente a causa di infrastrutture inadeguate. “La povertà di raffrescamento – commenta Mariateresa Imparato, responsabile giustizia climatica di Legambiente – rappresenta la nuova disuguaglianza urbana, un tema e un problema che va affrontato al più presto mettendo in campo interventi non più rimandabili partendo dai quartieri con una maggiore fragilità socioeconomica. Oggi diverse città europee stanno già dando l’esempio, l’Italia ha iniziato una lenta rivoluzione urbana ma deve accelerare il passo.
“Le città – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – soffrono sempre più gli effetti della crisi climatica, dalle ondate di calore agli eventi meteo estremi. Con il bilancio della nostra campagna Che Caldo Che Fa! abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della ”“povertà di raffrescamento” portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere o viceversa piantare alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore”.
Emerge anche il fenomeno della cooling poverty: l’afa aggrava diseguaglianze e fragilità già esistenti; ad esempio, nei quartieri e nelle periferie delle città più densamente abitate, principalmente a causa di infrastrutture inadeguate. “La povertà di raffrescamento – commenta Mariateresa Imparato, responsabile giustizia climatica di Legambiente – rappresenta la nuova disuguaglianza urbana, un tema e un problema che va affrontato al più presto mettendo in campo interventi non più rimandabili partendo dai quartieri con una maggiore fragilità socioeconomica. Oggi diverse città europee stanno già dando l’esempio, l’Italia ha iniziato una lenta rivoluzione urbana ma deve accelerare il passo.
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