I “maranza”, gli antagonisti e gli altri: come è degenerato il corteo di Milano
Così la manifestazione in Centrale ha cambiato volto: l'apporto della delinquenza comune e i numeri insufficienti delle forze di polizia hanno fatto il resto. Cinque le persone fermate

Sono cinque le persone fermate per gli scontri di lunedì in stazione Centrale, durante la manifestazione per Gaza. Tra loro anche due minori, uno studente e una studentessa del liceo Carducci. I tre maggiorenni provengono dalle realtà antagoniste: sono due studentesse universitarie di 21 e di 22 che militano nel centro sociale “Lambretta” e un uomo di 37 anni, sempre legato alla galassia dell’antagonismo. Poi ci sono due persone denunciate, un ventiquattrenne e un altro minore, un quindicenne. Tutti italiani, sia gli indagati, che i fermati e gli arrestati. Nei confronti di un’ottava persona, che è stata accompagnata in questura lunedì sera, non sono stati presi provvedimenti. Ieri è stato convalidato l’arresto per resistenza a pubblico ufficiale delle due giovani militanti del centro “Lambretta”, al termine del quale sono tornate in libertà, con l'obbligo di firma giornaliera, in attesa del processo il 27 ottobre prossimo.
La loro versione - in aula a porte chiuse - è che «si sono trovate davanti, ma spinte da altri manifestanti» e che «non avevano intenzione di sfondare» il cancello e il cordone di polizia. Per il 37enne le accuse sono invece di resistenza aggravata e lesioni, con la nuova aggravante introdotta dal decreto sicurezza, perché commesse ai danni di un rappresentante delle forze dell’ordine. In questo caso, dunque il giovane resta in carcere in attesa della decisione del gip. Di competenza del tribunale dei minori infine la posizione dello studente e della studentessa, entrambi 17enni, del Carducci, liceo all’esterno del quale nel marzo del 2023 era comparso uno striscione con i volti a testa in giù della premier, Giorgia Meloni, e del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Questo il bilancio degli scontri, al termine di una manifestazione a cui hanno partecipato più di diecimila persone, e che, fino all’arrivo in stazione Centrale si era svolta in maniera assolutamente pacifica.
Anche con il senno di poi rimane confermata la prima impressione: non è stato un assalto premeditato alla stazione dei treni per sfasciare tutto e non erano dei "casseur" quelli in piazza (a riprova di ciò i negozi in piazza Duca D’Aosta e in via Vittor Pisani hanno tenuto le saracinesche alzate durante tutte le tre ore di scontri, e non c’è stata una vetrina rotta o imbrattata). C’era da parte dei manifestanti l’idea di occupare i binari, come hanno fatto nella manifestazione di Napoli (a Roma e a Bologna hanno occupato la tangenziale). E ad un certo punto, quando si sono aperti dei varchi, prima verso la metropolitana e poi nel sottopasso e nell’atrio della stazione dei treni, è maturata anche la convinzione di riuscirci, in un modo o nell’altro. Certamente gli autori degli scontri hanno avuto l’apporto significativo di soggetti che gravitano attorno alla stazione, delinquenti comuni che magari non vedevano l’ora di sfogare il loro rancore verso le forze di polizia, altrimenti non si spiegherebbe un passaggio così repentino dal corteo alla guerriglia urbana. Però non è una novità: a Milano i «maranza» si erano già visti durante il corteo del 25 aprile, in piazza Duomo, così come è nota la loro rapidità nell’entrare in azione, picchiare e sparire, lasciando ad altri il conto da pagare.
Probabilmente lunedì c’è stato anche un problema di numeri tra le forze di polizia: lo svolgimento in contemporanea di manifestazioni in tutta Italia ha richiesto uomini e mezzi che sono stati tolti dalla piazza di Milano. Alla fine dei conti tra la stazione Centrale e piazza Repubblica (l’altro obiettivo sensibile era il consolato Usa) erano schierati un centinaio uomini del reparto Mobile, al quale va aggiunto un contingente molto ristretto di carabinieri attrezzato per l’ordine pubblico. Una coperta troppo corta, a fronte di un numero stimato in alcune centinaia di frombolieri da strada, di lanciatori di cubetti di porfido e altro materiale recuperato dall’arredo urbano. Poi a quelle due unità della polizia e dei carabinieri si aggiungono i funzionari e gli uomini della Digos, dei commissariati e degli altri uffici di polizia, la guardia di finanza. Ma i reparti attrezzati per gli scontri restano il reparto Mobile e il Battaglione dei carabinieri. Quando i primi manifestanti hanno fatto breccia in metropolitana, ad affrontarli c’erano quattro agenti di numero della Polfer in maglietta.
Un altro momento critico è accaduto poco dopo, con l’assalto in cima alla scala mobile della stazione, quando la possibilità che qualcuno durante gli scontri finisse col volare di sotto non è stata solamente teorica. Come gli uomini, così anche i mezzi sono stati dirottati altrove. L’idrante del reparto di Milano è stato mandato a Bologna. Non si sono visti nemmeno i mezzi schermati con le griglie che vengono usati per bloccare le strade. Non ci sono state cariche da parte della polizia, e il bilancio è stato di più di 50 feriti tra le forze dell’ordine, che rappresentano una percentuale molto significativa dell’intero contingente. Uno dei feriti più gravi è stato un poliziotto della questura, centrato da un cubo di porfido che ha frantumato la visiera del casco ferendolo seriamente al volto. A fine giornata, c’erano diversi caschi rotti, il che oltre a testimoniare la violenza degli scontri, solleva anche qualche dubbio sulla tenuta dei materiali in dotazione alle forze di polizia.
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