I cistercensi lasciano la Certosa di Pavia. Il futuro? Tra arte e fede
I religiosi sono pochi e per lo più anziani. Il vescovo Sanguineti: «Provo dispiacere. Siamo impegnati a creare una nuova comunità religiosa che assicuri le Messe domenicali»

È uno dei monumenti lombardi più famosi, capolavoro dell’architettura di età viscontea a cavallo tra gotico e rinascimento. La Certosa di Pavia, con la sua inconfondibile facciata, i grandi chiostri e il terreno circostante ha una storia ultrasecolare che si intreccia con quella di un altro celebre monumento, il Duomo di Milano: entrambi vennero fondati alla fine del 1300 da Gian Galeazzo Visconti. Pur non avendo avuto la fortuna “letteraria” di un’altra Certosa, quella di Parma – anche se Stendhal la cita solo alla fine del suo romanzo – questa di Pavia mantiene intatto ancora oggi il suo fascino, anche grazie alla presenza di una piccola comunità di monaci cistercensi qui insediata dal 1968. Dal prossimo anno, tuttavia, i monaci lasceranno la Certosa.
La notizia arriva da fonti dirette, ovvero dal vescovo di Pavia Corrado Sanguineti e da Rosario Maria Anzalone, a capo della direzione regionale Musei nazionali della Lombardia. Il vescovo sta cercando una comunità religiosa che possa prendere il posto dei monaci (che non dipendono comunque dalla diocesi). «Sono in contatto con loro – racconta Sanguineti –, ne ero già stato informato da tempo. È una decisione che dispiace anche a me, ma i monaci sono pochi e anziani. Quello che posso dire al momento è che mi sto impegnando per trovare un’altra comunità religiosa che possa assicurare una presenza per celebrare la Messa la domenica nella basilica di Santa Maria delle Grazie». La decisione è stata presa dalla Congregazione Casamariensis, il cui nome deriva dall’abbazia di Casamari (Frosinone), dove si trasferiranno i monaci ancora presenti a Pavia. «Siamo rammaricati ma comprendiamo i motivi di questa scelta», spiega Anzalone, dal 2024 alla guida dell’istituto del ministero della Cultura che gestisce, oltre alla Certosa, altri 12 luoghi della cultura statali in regione.
La notizia arriva da fonti dirette, ovvero dal vescovo di Pavia Corrado Sanguineti e da Rosario Maria Anzalone, a capo della direzione regionale Musei nazionali della Lombardia. Il vescovo sta cercando una comunità religiosa che possa prendere il posto dei monaci (che non dipendono comunque dalla diocesi). «Sono in contatto con loro – racconta Sanguineti –, ne ero già stato informato da tempo. È una decisione che dispiace anche a me, ma i monaci sono pochi e anziani. Quello che posso dire al momento è che mi sto impegnando per trovare un’altra comunità religiosa che possa assicurare una presenza per celebrare la Messa la domenica nella basilica di Santa Maria delle Grazie». La decisione è stata presa dalla Congregazione Casamariensis, il cui nome deriva dall’abbazia di Casamari (Frosinone), dove si trasferiranno i monaci ancora presenti a Pavia. «Siamo rammaricati ma comprendiamo i motivi di questa scelta», spiega Anzalone, dal 2024 alla guida dell’istituto del ministero della Cultura che gestisce, oltre alla Certosa, altri 12 luoghi della cultura statali in regione.
Riassumiamo la vicenda: attualmente è in vigore un protocollo d’intesa decennale, siglato nel dicembre 2016 dal Segretariato regionale per la Lombardia dell’allora MiBact, dalla direzione regionale Lombardia dell’Agenzia del Demanio e da padre Alberto Celestino Parente in qualità di priore del monastero della Certosa. Il documento «sanciva di fatto una forma di co-gestione per parte pubblica del complesso con questa piccola comunità cistercense e scadrà il 31 dicembre di quest’anno». La proprietà della Certosa è del Demanio e il ministero della Cultura ne ha la consegna, garantendo tutela e pubblica fruizione attraverso sei unità di vigilanza privata. Negli ultimi mesi, prosegue Anzalone, sono stati fatti diversi incontri con i monaci, anche alla presenza dell’abate di Casamari padre Loreto Camilli. «Ho rivolto più volte l’invito a riconsiderare la scelta di lasciare la Certosa, eventualmente valutando anche un possibile rinnovo del protocollo, ma il capitolo dell’ordine aveva ormai deliberato lo spostamento della comunità monastica a Casamari. Questa decisione rappresenta una perdita, ma è pur vero che la comunità monastica si è progressivamente ridotta negli anni fino alle attuali sei unità. Andava fatta una scelta: il protocollo non verrà rinnovato».
Per la Certosa di Pavia, dunque, si aprirà a breve una nuova fase. Il complesso sarà gestito con nuovi presupposti e con l’obiettivo di renderlo ancor più fruibile. Fino ad oggi i visitatori in media sono stati circa 140mila l’anno, l’ingresso è gratuito dal martedì alla domenica, con orario spezzato dalla chiusura all’ora di pranzo, e una libera offerta per la visita guidata dei monaci. Da gennaio 2026 verrà ampliata l’apertura giornaliera, introducendo l’orario continuato e un biglietto d’ingresso il cui importo sarà definito nei prossimi mesi. Il personale di vigilanza privata sarà aumentato in funzione delle nuove esigenze. C’è poi il podere agricolo che si estende per ben 35 ettari: «Attualmente è coltivato a riso e granturco – precisa Anzalone –, raccolti, lavorati e infine venduti in un piccolo negozio gestito dai monaci. È una risorsa preziosa, ma dalla gestione non semplice».
Si lavorerà per rendere accessibili spazi attualmente poco o nient’affatto fruibili: le 14 cappelle laterali della basilica che ospitano importanti opere d’arte – da Perugino a Bergognone – la cella del priore, la sala del Capitolo, la sagrestia nuova e la biblioteca che conserva numerosi manoscritti e codici miniati, molti dei quali in restauro al Centro Conservazione e restauro La Venaria Reale (Torino). Saranno necessari dei lavori per garantire la piena accessibilità dei percorsi di visita, ma questo non precluderà l’apertura del complesso.
Adesso, spiega Anzalone, serviranno sinergie con tutti gli attori del territorio. A luglio è stato sottoscritto un importante protocollo d’intesa con la Fondazione Cariplo per interventi di valorizzazione del monumento. «Tutto nasce dalla comune convinzione che il complesso monumentale della Certosa non solo necessiti di una migliore integrazione territoriale, ma abbia il potenziale per fungere esso stesso da volano di sviluppo del territorio». Per questo, Fondazione Cariplo ha sostenuto la direzione regionale Musei nazionali Lombardia finanziando un piano strategico di sviluppo da 90mila euro, affidato alla Fondazione Fitzcarraldo di Torino, incaricata di uno studio sul territorio «dal quale sortirà un quadro utile a valutare modelli differenziati di gestione e fruizione». Il Politecnico di Milano sta effettuando un rilievo sull’intero complesso «con l’obiettivo di passare progressivamente dalle manutenzioni ordinarie a un sistema di conservazione preventiva e programmata, più organico e razionale». E ci sono altri finanziamenti di 4 milioni e mezzo, in parte già avviati, «che serviranno soprattutto per il recupero del chiostro grande e di alcuni spazi affacciati sulla corte d’ingresso». Ma soprattutto è volontà di Anzalone coinvolgere la comunità locale: «Nei prossimi mesi organizzeremo in Certosa i primi focus group con gli stakeholder del territorio: istituzioni pubbliche, mondo dell’imprenditoria e dell’associazionismo… Quello che abbiamo in mente è un processo partecipato, da portare avanti con e per il territorio, recependo anche le suggestioni che da esso ci giungono».
Incontri pubblici ancora non ne sono stati fatti, anche se con la curia di Pavia – da cui, è importante specificarlo, non dipende il monumento – i contatti sono già in corso. «Voglio ringraziare il vescovo, monsignor Corrado Sanguineti – conclude Anzalone – per la sensibilità e la disponibilità dimostrateci. Gli abbiamo fatto presente in primis la necessità di garantire la continuità di culto a Santa Maria delle Grazie, la chiesa della Certosa che gode dello statuto di basilica pontificia. Un aspetto identitario, imprescindibile anche in funzione dell’auspicabile rilancio del complesso monumentale».
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