Così il Gran Paradiso punta davvero in alto

Nel primo parco d’Italia, le esperienze culturali e i progetti innovativi della Fondation Grand Paradis. Vuillermoz: «Sosteniamo un turismo di approfondimento e proviamo a fermare lo spopolamento»
September 26, 2025
Così il Gran Paradiso punta davvero in alto
Foundation Grand Paradis | Fra le vette del Parco del Gran Paradiso, nato nel 1922 per la salvaguardia degli stambecchi
Il Gran Paradiso? Come dicono i latini, nomen omen. Perché sì, il primo parco nazionale italiano, nato nel 1922 per proteggere l’enorme massiccio montuoso e salvare il suo stambecco dall’estinzione, è un paradiso. Un gran paradiso incastonato fra le Alpi. Il Piemonte da una parte, la Valle d’Aosta dall’altra, in mezzo le vette che uniscono la terra al cielo. Simbolo di una montagna che punta in alto. Orograficamente e nello spirito. Proviamo a “conquistarlo” allora il paradiso, dalla Vallée, uscendo dall’autostrada che l’attraversa, proprio all’altezza di Aosta ed avanzando a piccoli passi, per scoprire i tesori più nascosti, incontrare le comunità e capire cosa succede veramente nel Gran Paradiso, oltre il luccichio delle camminate più battute, dei belvedere da social e le piste da sci più gettonate. Perché c’è una montagna che, in un mix di contraddizioni e contrasti, fa i conti da un lato con i picchi dell’overtourism e dall’altro con lo spopolamento e tutte le problematiche di quell’Italia minore e diffusa che interessa anche il Sud, le aree interne, gli Appennini e tutto l’arco Alpino, ponendosi ormai come problema-Paese. «Dopo la scuola dell’infanzia, chiusa nel 2019, Valsavarenche, paese a 1.540 metri di quota con circa 170 residenti, cuore del Parco, da quest’anno deve rinunciare anche alla scuola elementare», esordisce Luisa Vuillermoz, direttrice della Fondazione Grand Paradis (nata per far conoscere e valorizzare le peculiarità naturalistiche e culturali del versante valdostano del territorio del parco). Un «fatto drammatico per una comunità». Di quelli che danno la misura di ciò di cui stiamo parlando. «Ed è lo spauracchio di altre località. Non è a questo punto Cogne, nella valle accanto, luogo iconico del turismo valdostano, 1500 abitanti, ma anche qui c’è un declino di famiglie con bambini e di persone in età lavorative». Così, nelle Valli del turismo luminoso e abbagliante c’è un problema di sopravvivenza e di futuro, conservando «un patrimonio naturale e ambientale, culturale e architettonico straordinari, ma anche e soprattutto di saperi, di artigianalità, di testimonianze di vita da custodire e tramandare».
Che fare? Come resistere? Come invertire la rotta? La sfida è in un «turismo non solo sostenibile, termine fra l’altro abusato, ma di più: un turismo di approfondimento, che vada ben oltre la superficie, che susciti il desiderio di restare, di allungare il tempo di permanenza, di utilizzare di più le seconde case, fino a diventare anche una scelta di vita – continua Vuillermoz –. Un turismo meditato e consapevole che diventi reazione alla marginalizzazione che sta avvenendo. Dal Covid in poi, se da una parte continua il processo di allontanamento dalla montagna, c’è un segnale, anche se debole ancora, di attrazione che non inverte il trend e non lo arresta, ma che va in controtendenza. Stiamo cercando di capire questo fenomeno e creare progetti per agevolare questo processo».
La Sibilla del Gran Paradiso - Foundation Grand Paradis
La Sibilla del Gran Paradiso - Foundation Grand Paradis
Da qui una serie di iniziative di animazione territoriale promosse dalla Fondazione Grand Paradis, che hanno nel Film Festival estivo (quest’anno dedicato alle “Forme dell’intelligenza”, umana e artificiale) il momento clou. E poi mostre ed eventi, come quella dello scultore Donato Savin con le pietre che prendono vita in installazioni e opere diffuse nel territorio. Scopriamolo allora il Gran Paradiso. A guidarci c’è la “Sibilla”, un digital human che utilizza l’intelligenza artificiale per creare un’esperienza di accoglienza turistica avanzata e interattiva, in grado di fornire informazioni sul territorio in linguaggio naturale e con contenuti multimediali. «Le Sibille - spiega la direttrice - erano figure profetiche, portatrici di verità a volte enigmatiche, sempre evocative. A differenza dei comuni algoritmi basati su modelli di Large Language Model, a cui spesso manca un corpo, noi abbiamo voluto darle una presenza. La nostra Sibilla ha un volto vero, una voce, la divisa di Fondation Grand Paradis. È una di noi».
Al parco del Castello di Introd la mostra del fotografo Grzegorz Galazka su Papa Wojtyla - Foundation Grand Paradis
Al parco del Castello di Introd la mostra del fotografo Grzegorz Galazka su Papa Wojtyla - Foundation Grand Paradis
Guidati dalla Sibilla iniziamo la “scalata” al massiccio da Introd, porta d’ingresso al Parco, a pochi chilometri da Aosta: un borgo ricco di storia con il castello medievale, antichi ponti e gioielli architettonici rurali. Un luogo amato da san Giovanni Paolo II che scelse il vicino villaggio di Les Combes, dal 1989 al 2004, per il suo riposo estivo (dopo di lui lo stesso fece Benedetto XVI). Qui la Maison Musée Jean-Paul II è un vero luogo della memoria, con fotografie, documenti e oggetti sul Papa polacco. A pochi metri, la Cappella di San Lorenzo è diventata un santuario (custodisce una reliquia del Santo Padre, una ciocca di capelli): sull’altare l’immagine di Giovanni Paolo II scolpita in un tronco di mogano. Nel ventennale dalla sua morte, il parco del Castello di Introd ospita ancora una mostra con gli scatti del fotografo Grzegorz Galazka dal titolo Mater Vallis, itinéraire médita-tif, che racconta in maniera suggestiva il lungo rapporto di devozione, amicizia e amore tra la comunità valdostana e Wojtyla.
La cripta della chiesa di Saint Léger ad Aymavilles - Foundation Grand Paradis
La cripta della chiesa di Saint Léger ad Aymavilles - Foundation Grand Paradis
Da qui ad Aymavilles, sulla riva destra della Dora Baltea, ancora a valle, si distingue per il castello medievale con le sue torri, le chiese storiche di Saint Martin e di Saint Léger, con una facciata dipinta con un trompe l’oeil realizzato nel 1856-57 da Jean-Laurent Grande: al centro il martirio proprio di Saint Léger e ai lati i santi Giuseppe, Germano, Grato e Leonardo. Sulla facciata c’è anche il volto del Conte che ne ordinò gli affreschi Vittorio Cacherano Osasco della Rocca d’Arazzo di Challant, di spirito “buontempone” – come riporta la guida del luogo –, ritratto mentre fuma la pipa, tra le decorazioni della colonna. Una curiosità con l’invito a cercarlo, mentre la chicca di questo posto è sottoterra. Nella cripta a due navate, perla di rara bellezza, dalle forme architettoniche uniche sulla cui antichità non ci sono prove definitive. Riscoperta agli inizi degli anni Duemila, è un posto che riporta in un’altra dimensione. E merita la sosta. Come un altro luogo della zona, il ponte-acquedotto di Pont-d’Ael sul torrente Grand-Eyvi, pochi chilometri più su. Una grandiosa opera idraulica realizzata da un ricco e intraprendente padovano, più di duemila anni fa, nell’anno 3 a.C.. Un capolavoro d’ingegneria romana su due livelli: un percorso scoperto superiore, che in origine costituiva il canale idrico dove passava l’acqua e oggi percorribile, e un altro sottostante, coperto per il transito di uomini e animali, che si può anche questo percorrere e visitare (con un biglietto).
La mostra diffusa nel territorio con le sculture di Donato Savin - Ph Paolo Rey - Foundation Grand Paradis
La mostra diffusa nel territorio con le sculture di Donato Savin - Ph Paolo Rey - Foundation Grand Paradis
Il viaggio guarda alle vette: il centro principale, Cogne, circondato dai Prati di Sant’Orso, hub di partenza per scoprire le cime più suggestive, paesaggi alpini unici tra boschi, ghiacciai e torrenti. Meta turistica sia estiva sia invernale, che offre escursioni, sci di fondo, cascate di ghiaccio. Con una filosofia di vacanza sostenibile. L’area turistica del Gran Paradiso, più vasta rispetto alla zona del Parco, raggruppa quattro vallate che si sviluppano dalla valle centrale in direzione sud: la Valgrisenche, la valle di Rhêmes (con Rhêmes-Saint-Georges e Rhêmes-Notre-Dame, dominata dal profilo del Granta Parey, offre paesaggi intatti, laghi alpini suggestivi come il Pellaud e una natura ricca di fauna, che qui significa stambecchi e camosci), la selvaggia Valsavarenche e la valle di Cogne. E se a Villeneuve, porta d’accesso delle valli del Gran Paradiso, si possono vedere il castello medievale di Châtel-Argent e le antiche chiese di Santa Maria e Santa Colomba, a Valsavarenche, si resta impressionati dall’enorme massiccio, l’unico, che supera i 4000 interamente in territorio italiano e da paesaggi glaciali intatti: legata alle Cacce Reali e all’alpinismo ottocentesco, ha visto nascere il Parco più di cento anni fa. Qui, oggi, non ci sono più le scuole elementari. Non ci sono i bambini per poterla tenere aperta. Nel Gran Paradiso c’è una grande sfida da affrontare.

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