C'è un'altra Cernobbio che dice no all'economia di guerra

Le associazioni pacifiste, laiche e cattoliche, fanno fronte comune contro i piani di riarmo promossi anche dall'alta finanza. «Solo il lavoro crea pace e non morte e distruzione»
September 4, 2025
C'è un'altra Cernobbio che dice no all'economia di guerra
I partecipanti all'evento organizzato, tra gli altri, da Sbilanciamoci!
Mentre a Villa d’Este, sulle rive del lago di Como, si riuniscono i protagonisti dell’élite economica, finanziaria e politica internazionale per il tradizionale workshop Teha - Ambrosetti, ad appena novecento metri di distanza un’altra Cernobbio prende forma, dicendo “no” a un’economia di guerra che rischia solo di esacerbare i conflitti. Sono oltre 250 i delegati delle associazioni pacifiste italiane laiche e cattoliche, reti della società civile e movimenti per la giustizia sociale che da ieri fino a stasera si ritrovano infatti per il XV Forum nazionale dell’Altra Cernobbio, promosso da Sbilanciamoci! e Rete Pace e Disarmo. Emblematico il titolo dell’edizione di quest’anno: «Addio alle armi». Un titolo che è già un manifesto. Perché l’appuntamento vuole ribadire che esiste un’alternativa concreta al vicolo cieco del riarmo, delle spese militari e della guerra: un’economia civile e sostenibile, fondata sui diritti, sull’uguaglianza e sulla giustizia sociale. Una prospettiva che raccoglie l’eredità della tradizione nonviolenta italiana e internazionale, dal pensiero di Capitini e don Milani alle esperienze di cooperazione, accoglienza e solidarietà che ogni giorno animano i territori.
È l’Italia che dice no al 5% di spese militari: tra le questioni al centro del Forum c’è infatti la denuncia dell’aumento costante dei bilanci per la difesa, che rischiano di impennarsi entro il 2035 fino all’obiettivo del 5% del Pil destinato alle spese militari, come stabilito nella conferenza Nato di giugno. Le organizzazioni pacifiste denunciano questa scelta come insostenibile e pericolosa: «Ogni euro speso per armarsi è un euro sottratto a sanità, istruzione, welfare, ambiente e diritti», ricordano i promotori. La piattaforma dell’Altra Cernobbio chiede di invertire la rotta e di investire quelle risorse in un’economia di pace: nella riconversione industriale, nelle energie rinnovabili, nei servizi pubblici e nella difesa civile e nonviolenta.
Da Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, arriva l’invito a non lasciare che la sicurezza venga definita solo dalla lobby delle armi. «In questo momento il riarmo viene venduto come sviluppo industriale – sottolinea ad Avvenire – ma un’economia di guerra non salverà il Paese, anzi moltiplicherà i conflitti. La sicurezza non passa dalle armi, ma dal lavoro, dalla pace e dalla giustizia sociale. Occorre lavorare per la pace, bussando porta a porta per spiegare che il lavoro crea pace e non morte e distruzione». Sulla stessa linea Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete Pace e Disarmo, che evidenzia la necessità di unire le varie battaglie in un progetto politico complessivo: «Dobbiamo collegare il tema del disarmo a welfare, democrazia, ambiente e sviluppo. Serve una piattaforma alternativa che tenga insieme tutte queste dimensioni, perché i conflitti non sono più un tema da addetti ai lavori: sono diventati la chiave di lettura della politica internazionale».
L’appuntamento di Cernobbio segna uno snodo importante, con la presenza di gran parte della società civile italiana, compreso il mondo cattolico. Tra i partecipanti, presidenti e rappresentanti di organizzazioni come Arci, Acli, Anpi, Emergency, Pax Christi, Fondazione Perugia-Assisi, Movimento dei Focolari, Cgil, Legambiente, Greenpeace, oltre a decine di reti locali e campagne tematiche. Tutti uniti dall’idea che «un’altra difesa è possibile». Tra le sessioni del forum, quelle dedicate alle cause delle guerre e del riarmo, insieme alle proposte del movimento pacifista. Oggi – oltre a un collegamento con la Freedom Flottilla diretta a Gaza – il focus sarà sulle mobilitazioni future: dalla Marcia per la Pace Perugia-Assisi del 12 ottobre alla carovana per un’economia disarmata, dalla difesa della Legge 185/90 contro l’export di armi alla campagna “Italia, ripensaci” contro le armi nucleari, fino alla nuova fase di “Un’altra difesa è possibile” per la creazione di un Dipartimento di difesa civile, non armata e nonviolenta.
Sullo sfondo, la cornice politica è quella di un mondo segnato da conflitti sanguinosi, dall’Ucraina alla Palestina. «Di fronte alle guerre di Israele e degli Usa, al massacro della popolazione civile di Gaza, allo spreco di enormi risorse per le armi e la guerra, dobbiamo dire basta!», recita l’appello del Forum. La denuncia è netta: l’Europa e l’Italia si stanno progressivamente legando a un’economia di guerra che rischia di diventare strutturale, mentre le urgenze sociali – dalla povertà crescente alla crisi climatica – restano senza risposte. «La vicinanza con Villa d’Este è stata voluta un po’ provocatoriamente, ma quando non si viene ascoltati bisogna alzare un po’ la voce», chiosa Manfredonia. «Per anni non ci hanno permesso di avvicinarci al Forum Ambrosetti, dove una élite transnazionale, attraverso strumenti di finanza ed economia, prende decisioni che determinano rapporti di potere e ricchezza – aggiunge Vignarca –. Noi dobbiamo essere qui per dire che abbiamo una visione complessiva, che è fatta di diritti per tutti, e che non accettiamo l’idea, come diceva Capitini, che ci siano disuguaglianze e guerra».
L’appello è anche alla politica, per un confronto sulle alternative al riarmo e alla guerra. Il Forum si chiuderà oggi con la definizione di una vera e propria agenda comune delle iniziative del pacifismo italiano per i prossimi mesi. Si punta dunque a trasformare la protesta in proposta, il rifiuto del militarismo in piattaforma di politiche concrete. Mentre a poche centinaia di metri si parla di crescita, mercati e competitività, al Forum dell’Altra Cernobbio associazioni e movimenti ricordano che senza giustizia sociale, senza disarmo, senza pace, non c’è futuro possibile.

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