Opinioni

Pellegrinaggio. Sulla strada di sant'Ignazio un cammino di conversione

Francesco Ognibene venerdì 30 marzo 2018

«Fino a 26 anni fu uomo di mondo, assorbito dalla vanità». C’è tutta la promessa di una delle più straordinarie avventure del cristianesimo nelle parole con le quali esordisce Il racconto del pellegrino, autobiografia dettata in terza persona da Ignazio di Loyola quando, pochi mesi prima di morire a Roma nel 1556, ascoltò la supplica dei suoi figli spirituali e accettò di ricordare per i posteri il tortuoso e avvincente percorso che l’aveva portato a trasformare quel giovane «attratto da un immenso desiderio di acquistare l’onore vano» nel protagonista di una conversione profonda, assoluta, un gigante della fede capace di ispirare la vita di innumerevoli anime, sino a oggi. La figura del cavaliere mondano e irrequieto che, ferito a una gamba il 20 maggio 1521 nell’assalto francese al castello di Pamplona, durante la lunga convalescenza decide di mettere sottosopra la sua vita diventando uno dei protagonisti della Riforma cattolica nello stesso periodo di Filippo Neri, Teresa d’Avila, Francesco Saverio e Carlo Borromeo, continua ad affascinare chiunque le si avvicini andando oltre l’icona del fondatore di un ordine grande e influente come la Compagnia di Gesù. Ma per capire Ignazio occorre mettersi in cammino accanto a lui, provare a seguirlo dentro il tormento di una scelta di vita che non avviene per una folgorazione improvvisa ma per la faticosa decisione di ridiscutere mentalità, stile di vita, ambizioni, cultura del proprio tempo. Passo dopo passo, si scoprirà che il cavaliere divenuto pazzo d’amore per quel Dio che ne aveva espugnato la fiera resistenza parla la lingua della nostra anima.

Ed è pronto a guidarci lungo cammini imprevedibili e rivoluzionari. Nel caso di Ignazio quella del viandante non è solo una suggestiva metafora ma un fatto decisivo, e anche una proposta che ci riguarda. Il suo cammino di conversione Íñigo López de Loyola lo percorre infatti a piedi, alzato dal letto dove aveva atteso di veder guarite le profonde lesioni della sua vita di soldato divorando la Vita di Cristo di Ludolfo di Sassonia e la Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, letture che lo conquistano al fascino perenne del Signore e all’avvincente vita dei santi, cavalieri di Cristo senz’armi ma capaci con il loro coraggio di conquistare un cuore come il suo in cerca di una meta ambiziosa alla quale dedicare la vita. È così che la grazia apre la prima crepa nelle certezze terrene del guerriero spingendolo a mettersi in marcia, appena le forze glielo consentono, dalla città natale nei Paesi Baschi lasciando i lussi della casa paterna con l’idea fissa di raggiungere Barcellona e imbarcarsi per Gerusalemme. Il viaggio che intraprende in cerca di un se stesso radicalmente nuovo e libero inaugura quello che oggi è diventato il Cammino Ignaziano, 660 chilometri attraverso quattro regioni della Spagna, in parte coincidente col Cammino di Santiago ma procedendo in senso opposto – dall’Atlantico verso il Mediterraneo –, da percorrere in un mese (sulla carta 27 giorni, ma i moduli possono essere più ridotti) impegnando le quattro settimane degli Esercizi spirituali forgiati dalla penna di fuoco di Ignazio come una scuola di conversione.

Percorso ogni anno da poche centinaia di camminatori appassionati, il 'nuovo' Cammino per i cercatori di Dio è già perfettamente attrezzato grazie all’impegno dei Gesuiti e delle amministrazioni locali (Catalogna in testa) e attende di farsi conoscere come alternativa – o completamento – dell’esperienza di Barcellona, che arrivata a 30 milioni di turisti annui oggi si avvicina al collasso oscurando ogni altra possibile destinazione del territorio. A cominciare da Manresa, nel XVI secolo centro commerciale ambizioso ed emergente sulle rive del fiume Cardener, ora città post-industriale da 75mila abitanti che a soli 60 chilometri dalla metropoli costiera custodisce il 'segreto' di Ignazio.

È qui, nel centro geometrico della Catalogna, che si ferma anzitempo il viaggio del pellegrino partito col sogno della Terra Santa. Una cesura inattesa ma provvidenziale ed eloquente, che combacia con un preciso progetto di Dio. Il cavaliere aveva infatti preso consapevolezza strada facendo dell’abisso cieco di una vita ricca ma sbandata affrontando l’itinerario verso una terra ancora ignota che, lasciato il panorama familiare della regione basca, prende le fattezze dei paesaggi di Navarra e Aragona, passando da Saragozza, dov’è di casa la Virgen del Pilar, per entrare in terra catalana da Lleida e salendo infine le rampe verso l’antica abbazia benedettina di Montserrat, severo santuario mariano sui monti della Comarca di Bages, baluardo religioso e culturale ormai in vista del mare. Ignazio, determinato a dedicare la vita al Signore, attraversa qui la sua 'notte dell’innominato'. Si spoglia degli abiti cavallereschi per vestire il sacco dei mendicanti, una confessione generale è il punto fermo che chiude la vita del nobile dal cognome che conta e apre il primo capitolo di una storia spirituale e umana destinata a segnare i secoli e la vita di milioni di persone nel mondo, sino a donare alla Chiesa un pastore come Jorge Mario Bergoglio, padre gesuita, papa Francesco.

A Manresa la logica evangelica è rispettata alla lettera. Arrivato in città, Ignazio si accampa sul fianco di una collina nei pressi di un ponte – oggi ancora intatto – sul Cardener, e si ripara nella roccia sotto una tettoia naturale. È quella che diventerà la «Cova», la spoglia grotta della conversione definitiva alla quale chi si riconosce nella spiritualità ignaziana guarda come il luogo natale, la culla. Una periferia, ancora oggi. Tra penitenze, preghiera e rapimenti, Ignazio vede prendere forma dentro di sé ciò che Dio gli chiede: cristiani rinnovati dalle fondamenta che danno vita a un movimento spirituale dagli orizzonti sconfinati, capace di un dinamismo apostolico mai visto per riportare a Cristo il mondo intero. Chi, se non Ignazio poteva mettere al messaggio di Cristo ali abbastanza estese per affrontare una società che si andava allontanando dalla sua radice cristiana?

È il 1522, manca poco e saranno cinque secoli. La data già scandisce il tempo di Manresa: il grande Giubileo ignaziano del 2022, che già spinge la città ad attrezzarsi per accogliere i 100mila pellegrini stimati (tra loro si spera anche il Papa), galvanizza un centro appartato e tranquillo. «Ignazio è 'nostro' ma è una figura globale – dice il sindaco Valentí Junyent Torras, dello stesso partito del leader indipendentista Carles Puigdemont – . Richiameremo qui le genti raggiunte dal suo messaggio in tutto il mondo». In effetti, con un’ora di treno il pellegrino da qui arriva sotto le volte incantate della Sagrada Familia, e non è un incentivo da poco. Solo 11 mesi rimase Ignazio a Manresa, sentendosi spinto a raggiungere Roma e la Terra Santa subito iniziò una vertiginosa espansione globale. Alla morte del santo erano già mille i suoi seguaci, con i primi che avevano varcato gli oceani, spesso da soli, affrontando anche il martirio.

Al centro resta sempre la Cova di Manresa – oggi una minuscola cappella intima e silenziosa, dominata dalle sporgenze rocciose –, punto di arrivo di Ignazio e di partenza di questo big bang missionario, pochi metri quadri di misticismo dentro la grande struttura del Centro internazionale di spiritualità (www.covamanresa.cat) dove i gesuiti oggi ospitano migliaia di persone in cerca di pace e raccoglimento. Ad accogliere i pellegrini e chi conclude il Cammino (www.caminoignaciano.org) c’è il sorriso paterno di padre Lluis Magriña Veciana, gesuita catalano colto e ironico: «Intendiamo far conoscere un’esperienza come quella della conversione di sant’Ignazio – spiega – perché parla all’uomo contemporaneo con una forza intatta. Lungo le tappe del percorso a piedi tra boschi, città e deserti ci si dispone a un cambiamento che dentro la Cova trova il suo compimento, oggi come allora». Sullo sfondo, Manresa 2022 (www.manresa2022.cat): «È un’occasione per chiunque si sente in cammino – è l’invito di Eduard Ibañez Pulido, presidente di Giustizia e pace catalana e tra i promotori di Animaset, agenzia cattolica di comunicazione, nel cantiere del Giubileo insieme ai Gesuiti e al Comune di Manresa –. In Catalogna cambiò la vita di un santo come Ignazio di Loyola che mostrò di nuovo al mondo il vero volto di Cristo. Oggi tocca a noi».