Opinioni

Pellegrini d'estate . Sulla strada di Sant'Antonio un giorno per scoprirsi deboli

Umberto Folena sabato 1 agosto 2020

IN cammino sul Cammino "Ultimo"

I Cammini di sant’Antonio sono due e presto saranno tre. Il primo è descritto in questa pagina: Antonio Ultimo, nel senso che ripercorre l’ultimo viaggio del Santo morente. Alla nostra app risultano 25,5 chilometri, un paio più del dato ufficiale. È anche la prima delle 22 tappe del Cammino Lungo, che prosegue fino al Santuario della Verna, per un totale di circa 437 chilometri. Stupendo, ma non per tutti. Lo stesso immaginiamo valga per il prossimo, ambizioso e affascinante progetto denominato CAMSant, un Cammino che partirà da Porto Milazzo in Sicilia per terminare a Gemona (Udine). I luoghi antoniani saranno toccati tutti, dalla località dove Antonio dovrebbe essere approdato dal Marocco fino al Friuli, dove è attestato un passaggio antoniano. Saranno circa 1.700 chilometri. L’inaugurazione è prevista per il 2022.

Bisogna usare la fantasia e mettersi nei panni del conte Tiso, quell’estate del 1231, a Camposampiero. Il conte aveva accolto nei suoi possedimenti un gruppo di fraticelli. E qui, stanchissimo e ormai prossimo alla morte, era giunto da Padova anche Antonio, quel predicatore formidabile, «lingua benedetta» l’avrebbe definito san Bonaventura qualche anno dopo. Tiso è affascinato da Antonio. Una sera nota un intenso bagliore filtrare dalla sua stanzetta. Un incendio? Socchiude la porta e quel che vede lo lascia stupefatto: avvolto nella luce, Antonio tiene in braccio un bambino. «Era Gesù, ma tu non dire niente a nessuno» raccomanda Antonio a Tiso, una volta uscito dall’estasi. Tiso ne parlerà solo dopo la sua morte.

Questo spiega la classica raffigurazione di sant’Antonio con il Bambino sul braccio sinistro. E spiega perché il suo Cammino, l’Ultimo, parta proprio dal Santuario della Visione, che racchiude la cella dove si vuole sia avvenuto il fatto narrato da Tiso. Non lontano c’è il Santuario del Noce, dove sorgeva l’albero tanto caro al Santo. È il Cammino “Ultimo”. Siamo nel giugno del 1231. Antonio ha appena 32 anni ma è malato da tempo e le sue ore sono contate. Da Camposampiero chiede di essere riaccompagnato a Padova, 25 chilometri a sud. Lo coricano su un carro trainato da buoi. Il Cammino segue lo stesso percorso, lungo le sponde dritte e interminabili, battute dal sole, del Muson dei Sassi.


La lunga tappa del Cammino «Ultimo» ripercorre il percorso finale della malattia del Santo
Un trekking di spiritualità e amicizia I frati: «È l’incontro con un confidente»

Questo Cammino in una tappa sola – che è anche la prima delle 22 tappe del Cammino Lungo – viene percorso molto spesso di notte da pellegrini in gruppo, soprattutto negli ultimi giorni di maggio e nei primi di giugno, in prossimità del 13, giorno della morte di sant’Antonio. Primo timbro e partenza. Camposampiero è un caso da manuale dell’insensatezza dei confini tra diocesi. L’antica Statale del Santo la spacca in due: a occidente è diocesi di Padova, a oriente Treviso… Non c’è un filo d’ombra e soprattutto non ci sono pellegrini, solo qualche ciclista piegato sul manubrio sotto il peso dei raggi del sole. È un anno anomalo, questo del coronavirus. Si cammina in solitudine sollevando sbuffi di polvere impalpabile, costeggiando vecchi casolari e villette, orti grassi di rossi pomodori e opifici da cui giunge un sordo martellare.

All’arrivo alla Basilica del Santo i frati spiegheranno: «Nell’ultimo week end di maggio l’argine del torrente Muson è un fiume ininterrotto di migliaia di pellegri- ni e centinaia di luci. Camminano per la notte intera. Molti sono reduci da altri Cammini, Santiago soprattutto. E dopo essersi spinti tanto lontano, riscoprono i Cammini sotto casa». Se su qualcosa sono d’accordo tutti coloro che organizzano i Cammini, è sulla varietà del popolo dei pellegrini. «Alcuni sono devoti e per loro si tratta di un pellegrinaggio in senso stretto – spiegano padre Egidio Canil, delegato della Peregrinatio antoniana, e padre Alberto Tortelli, responsabile della pastorale giovanile e vocazionale – per altri il Cammino è trekking alla ricerca di una vita semplice. A tutti il Cammino regala qualcosa», anche se non è detto sia quello che i camminatori cercavano, perché «nessun cammino è privo di sorprese». Anche questo “breve” tratto dell’Ultimo è tutt’altro che semplice. È la tappa più lunga, anche se interamente in pianura. Ma il sole ti asciuga e raggrinzisce. Due fontanelle sono piazzate strategicamente a Campodarsego, a metà strada, e alle porte di Padova. «Devi essere disponibile all’incontro. Non sai con chi incrocerai il tuo cammino, né a chi chiederai un consiglio o un aiuto. Nessun pellegrino è davvero autosufficiente, e tutti si scoprono “deboli”. Bisogna accettarlo » ricordano Canil e Tortelli.

Nel giugno del 1231 il frate originario di Lisbona, all’età di 32 anni,
viene portato su un carro trainato da buoi
nella città dove morirà. Oggi si ripercorre a piedi quel viaggio


Dall’argine sinistro si passa a quello destro, attraversando la vecchia Statale del Santo. Gli scarponi scricchiolano sulla terra secca e dura, come le ruote del carro su cui giaceva Antonio. Il campanile della parrocchia di San Martino, a Campodarsego, svetta esageratamente alto. “Afferrami”, sembra dire. Qui i campanili sono spesso modellati su quello di piazza San Marco: rossi incorniciati di bianco, separati dalla chiesa. Un ottimo punto di riferimento: davanti, a lato, dietro di te. Il Cammino Ultimo è forse il più dritto che ci sia. Ogni passo, man mano che la mattina avanza e il sole s’inerpica in cielo, è una piccola preghiera. Ogni metro è una conquista, anche se i veri “conquistatori” sono i pellegrini in cammino per La Verna, con 13 tappe appenniniche per cuori impavidi. Il Cammino Ultimo è proprio per tutti, magari in una stagione meno torrida. Quando vedi il cartello “Padova” dici a te stesso: sono arrivato. Errore. La città biso- gna attraversarla tutta, da nord a sud. Il carro di Antonio è passato di qua per fermarsi infine al santuario dell’Arcella, oggi parrocchia nota anche come “Sant’Antonino”. È il momento del secondo timbro sulle credenziali. Qui Antonio muore e solo più tardi le sue spoglie saranno accolte nella Basilica del Santo, oltre la ferrovia e il centro storico.

Avanti, per l’ultimo tratto di un pellegrinaggio cittadino, attraverso Ponte Molino, via Dante, le piazze, il Palazzo del Bo, via del Santo e infine la Basilica. La troviamo praticamente vuota, nessuna coda per toccare – mani sanificate con dispenser a pedale! – la pietra grigia che custodisce le spoglie di Antonio, due pannelli zeppi di ex voto, una breve intensa preghiera. La buttiamo là: Antonio è popolare perché “fa miracoli”, è il santo taumaturgo... I frati sorridono e scuotono il capo. Loro i pellegrini li vedono e li ascoltano, nessuno li conosce quanto loro: «Antonio è soprattutto un amico, un confidente». E un grande camminatore: un bassorilievo a fianco della Tomba lo raffigura con due piedi enormi, sproporzionati. Pare che la ricognizione del 1981 abbia confermato il dettaglio anatomico. Camminava. E quando non camminava si piegava in preghiera, come testimonia il callo osseo sulle ginocchia. Il tram conduce rapidamente in stazione. Da qui in treno in venti minuti si ritorna a Camposampiero. Il Cammino è concluso. L’Ultimo per Antonio morente. Uno dei tanti che attendono noi.