L'orfano che scalò Hollywood
Un sorriso irresistibile su un’altrettanto irresistibile, bellissima faccia da schiaffi. Così Tony Curtis rimarrà nella leggenda di Hollywood, consacrato dalla «commedia perfetta» A qualcuno piace caldo di Billy Wilder. Un sorriso lo ha accompagnato anche nell’ultimo momento, quando ieri è spirato «serenamente nel suo letto» a Las Vegas: lo ha fatto sapere a nome della famiglia, la figlia attrice Jamie Lee Curtis. A luglio scorso l’attore 85enne era stato ricoverato dopo un attacco di asma mentre inaugurava una sua mostra d’arte in Nevada. L’ultima battaglia nella lunga lotta ad un male incurabile ai polmoni che lo aveva reso gonfio e irriconoscibile. Ma all’ex divo dagli occhi blu era ancora rimasta una ironia giocosa da eterno ragazzo, come ricorda l’amica Gina Lollobrigida con cui aveva girato nel 1956 Trapezio: «Era di una simpatia unica». Il suo carattere solare lo aveva sostenuto nell’ottovolante di una vita che ha avuto apici di successo e popolarità planetarie (ha girato ben 130 film) e momenti cupi di alcolismo, depressione acuta, uso di droghe, insieme a una vita sentimentale complicata con ben sei matrimoni da cui sono nati sei figli. Fra questi l’amato Nicholas, morto nel ’94 a 23 anni per overdose. La vita, insomma, non ha risparmiato nulla a Bernard Schwartz (sarà Hollywood a battezzarlo Anthony Curtis), fin dalla sua nascita nel 1925 da una famiglia ebrea poverissima del Bronx. A 10 anni il primo trauma: viene affidato insieme al fratello minore Julius a un orfanotrofio, per strapparlo alla strada. Quella strada che se lo ripiglia adolescente e ribelle, dopo la drammatica morte del fratello. Poi nel 1942 va sotto le armi come cadetto di marina: imbarcato su un sottomarino, si distiguerà con onore nella guerra del Pacifico. Un momento che rivivrà con tutt’altri toni in una commedia del 1958 di Blake Edwards, Operazione sottoveste accanto a Cary Grant. Rientrato in patria, si iscrive a un corso d’arte drammatica che lo porta prima in teatro e poi al debutto nel cinema nella parte di un ballerino in Doppio gioco di Robert Siodmak. Negli anni ’50 alterna ruoli leggeri a drammatici grazie a un fisico prestante e ad una bellezza atipica. Sono gli anni, per le parti brillanti, di Il principe ladro di Rudolph Maté, Il figlio di Ali Babà di Kurt Neumann; del secondo gruppo invece Il mago Houdini di George Marshall; Trapezio di Carol Reed, Piombo rovente di Alexander Mackendrick e La parete di fango di Stanley Kamer accanto a Sidney Poitier, unica nomination all’Oscar. A consacrarlo è, però, A qualcuno piace caldo: magistrale, accanto allo scoppiettante Jack Lemmon, nei panni femminili del musicista in fuga dai gangster che finisce per innamorarsi della dolce Marilyn Monroe (stasera l’omaggio tv alle 21 su Sky Cinema Classic Hd). Arriva poi il grande kolossal Spartacus di Stanley Kubrick dove è lo schiavo Antonino mentre negli anni ’60 dà il volto al serial killer schizofrenico de Lo strangolatore di Boston. Le sue ultime apparizioni di rilievo nel cinema sono Gli ultimi fuochi di Elia Kazan e La signora in bianco di Nicolas Roeg.Negli anni ’70 è però la tv a rilanciarlo con una serie diventata cult, Attenti a quei due: poliziesco e ironia si mescolano nelle indagini affidate a due miliardari, lo sbruffone americano Danny Wilde (Curtis) e il raffinato lord inglese Brett Sinclair (Roger Moore). E di sorrisi, anche qui, ne aveva regalati tanti ai telespettatori di tutto il mondo.
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