domenica 13 marzo 2022
Il santo non è come un supereroe ma uno come tanti, l’inquilino della porta accanto capace di vivere nella propria fragilità l’incontro con Dio e l’incontro con se stesso facendone memoria per la vita
Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo: 'Santi Martiri' (seconda metà del VI secolo)

Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo: 'Santi Martiri' (seconda metà del VI secolo) - WikiCommons

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«Tutti coloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: tale santità promuove nella società terrena un tenore di vita più umano». Da questo brano della Lumen gentium prende spunto e vita il volume di Massimo Naro: Pienezza di vita. Teologia a partire dai vissuti credenti, uscito in questi giorni per i tipi dell’editrice Studium (pagine 477, euro 39). Pubblichiamo qui un brano della 'Presentazione' firmata dal Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro.

Ciò che subito colpisce è il titolo del volume: Pienezza di vita, che allude alla santità cristiana quale opportunità graziosa di sperimentare «un tenore di vita più umano», come recita il n. 40 della costituzione conciliare Lumen gentium. Mi pare una sottolineatura importante. Le corrisponde un rapido passaggio dell’esortazione Gaudete et exsultate di papa Francesco, dove si legge: «La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita 'non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi'» (n. 34). È così messo in evidenza un aspetto fondamentale dell’identità del santo: egli non è il supereroe, che procede vincitore, sul suo cavallo e con un fiore in bocca, in un campo popolato da sconfitti, ma un uomo che ha sperimentato la sua fragilità e la sua vulnerabilità e che proprio in esse ha incontrato Dio e in questo incontro ha trovato se stesso (…). Per corredare ulteriormente queste battute destinate a incoraggiare alla lettura del lavoro di Massimo Naro, aggiungerei una calda esortazione del vescovo Tonino Bello, del quale il papa ha di recente riconosciuto l’esercizio eroico delle virtù: «Siate soprattutto uomini. Fino in fondo. Anzi, fino in cima. Perché essere uomini fino in cima significa essere santi. Non fermatevi, perciò, a mezza costa: la santità non sopporta misure discrete». Se il titolo del volume è in grado di dare l’intonazione giusta alla sua lettura, non è da meno il sottotitolo. Nell’editoria, difatti, accade talora che i titoli scelti siano una sorta di specchietto delle allodole al fine di convincere i lettori all’acquisto, magari lasciandoli poi delusi. Qui è esattamente il contrario. Cosa significhi l’espressione 'vissuti credenti' (che richiama le riflessioni di Jean Mouroux e di Giovanni Moio-li), Naro lo spiega subito nella sua premessa e coincide di fatto col terzo criterio che lo ha guidato nella stesura di quest’opera indubbiamente ricca e rilevante. Si tratta, in fin dei conti, di una memoria da custodire. Il cristiano - direbbe papa Francesco, facendo ricorso a un racconto di Jorge Luis Borges ( Funes el memorioso, tratto da Ficciones, 1944) - è proprio un memorioso. L’essere stesso del cristiano è un fare memoria. Un passaggio significativo al riguardo si può leggere in Evangelii gaudium: «La memoria è una dimensione della nostra fede che potremmo chiamare 'deuteronomica', in analogia con la memoria di Israele (…). Il credente è fondamentalmente 'uno che fa memoria'» (n. 13). Sono davvero grato a Massimo Naro - cui, oltre alla cara memoria del fratello, il compianto arcivescovo Cataldo, mi legano lunga amicizia e stima per avermi chiesto di scrivere alcune righe di presentazione. Gli sono grato se non altro perché così mi ha offerto la possibilità di leggere in anticipo queste sue pagine, indubbiamente ricche e dense, in una fase della mia vita che mi induce a concentrare il mio ministero e quindi la mia attenzione sulle 'cause dei santi'. Compito della Congregazione delle Cause dei Santi, infatti, è trattare tutto ciò che, secondo la procedura prescritta, porta alla beatificazione e alla canonizzazione dei servi di Dio. Con questo sguardo, che direi 'professionale' a motivo del mio attuale ufficio ecclesiastico, noto con piacere che nella sua opera Naro fa pure spesso ricorso alle Positio che sono, nel linguaggio curiale, il dossier contenente gli atti del processo, ossia le testimonianze orali e i documenti e gli acta causae, ovvero il dibattito tra il dicastero e gli 'attori' della causa, finalizzato alla messa a fuoco dei vari problemi inerenti alla vita e all’attività del servo di Dio. Si tratta, pertanto, di materiale documentario di estrema importanza. Naro si riferisce frequentemente a esse. Non soltanto. Con il rigore dello studioso che lo caratterizza egli osserva che «quanti vogliono conoscere o approfondire la conoscenza» di un servo o di una serva di Dio dovranno considerare la Positio come una fonte indispentanto sabile. Ciò, tuttavia, non significa che esse siano accessibili a chiunque e questo non ultimo in ragione della privacy che è doveroso rispettare anche in questo caso (…). Molto utili, già a livello introduttivo, sono pure i richiami a quella che Naro, sulla scia di autori come Hans Urs von Balthasar, Giovanni Moioli, François-Marie Léthel e altri ancora, chiama «agiografia teologica» e questo nel giusto intento di superare il «'divorzio' moderno fra teologia e mistica » (…). D’altra parte, a conclusione dell’analisi dei profili di santità e dei vissuti credenti proposti nel volume, egli annota che «così la santità si rivela una faccenda concreta, alla portata di tutti» (…). In Gaudete et exsultateFrancesco parla a sua volta della santità «della porta accanto», individuata «nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante» (n. 7). Le figure di santità studiate e presentate in questo volume sono in buona parte geograficamente e culturalmente collocate in Sicilia e in epoca contemporanea; non tutte, ovviamente, giacché la serie si apre con Paolino di Nola - «deliberatamente chiamato in causa quale testimone della coimplicazione tra fede dotta e fede popolare felicemente possibile in epoca patristica» - e prosegue con personalità spirituali dei secoli XVII e XVIII, come il gesuita d’origine spagnola Luigi La Nuza. Neppure si tratta in ogni caso di figure per le quali sia stato avviato, o concluso, un processo canonico per la beatificazione e la canonizzazione. Tutte, ad ogni modo, sono personalità spirituali emblematiche nella prospettiva dell’autore e non solo, motivo per cui compaiono per esempio - i fratelli Sturzo assieme a un drappello di fondatrici di istituti religiosi e secolari o di vescovi esemplari, oltre che a rappresentanti altamente significativi del cattolicesimo italiano contemporaneo, come Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Divo Barsotti, Chiara Lubich (…). È inoltre molto significativo lo sguardo sul «sacramento del povero» di cui parlava il beato Giacomo Cusmano: tematica che riecheggia quanto a tal proposito insegnavano già alcuni Padri della Chiesa, come il Crisostomo e il Nazianzeno, e poi ancora insigni predicatori francesi come Jacques Bénigne Bossuet e ancor più esplicitamente Henri-Dominique Lacordaire, il quale ebbe a dire che «il povero è un sacramento, così come è un mistero: è un sacramento intermedio, che non richiede da parte nostra preparazione alcuna, ma che ci comunica la grazia e ci dispone a ricevere il frutto dei sacramenti propriamente detti ». Ma anche nella Francia contemporanea questo tema è stato ripreso, per esempio da Olivier Clément (...). Attenzione e acribia esigono le pagine dedicate al beato Pino Puglisi e alla proposta di un «ripensamento della martirologia ». A tale riguardo, Naro cita la frase pronunciata da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi sui «martiri per la giustizia e indirettamente della fede ». Non c’è dubbio che il contesto estemporaneo o semplicemente omiletico di questa e simili affermazioni, pone istanze di discernimento. La riflessione sulla dilatazione dell’identità del martire è, in ogni caso, una questione da tenere in seria considerazione (…). Il volume si conclude con la figura dell’arcivescovo Cataldo Naro, una cui citazione appare già in esergo. Rimandi bibliografici ai suoi scritti appaiono pure qua e là nel testo, segnali di una vita di studioso e di pastore dedicata alla Chiesa e alla sua storia e che nel servizio della Chiesa ha concluso la propria vicenda terrena; una vita durante la quale, come bene dice il titolo del capitolo a lui dedicato, ha iniziato processi e seminato futuro. Tra le riflessioni che, al termine della lettura, sorgeranno nell’animo, potrà senz’altro essere inserita questa, che traggo dall’esortazione Gaudete et exsultate, cui rimandano pure le pagine conclusive del libro, e che potrebbero essere un incoraggiamento a leggere con attenzione il volume di Massimo Naro: «Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché 'questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione' (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del vangelo».

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