lunedì 16 settembre 2019
Il maestro interviene su Fb dopo le «strumentalizzazioni» seguite a un incontro alla Fiera del Levante in cui ha parlato, come fa da due anni, della «sofferenza» che gli provoca suonare il piano
Il maestro Ezio Bosso (Fotogramma)

Il maestro Ezio Bosso (Fotogramma)

COMMENTA E CONDIVIDI

«Continuo a fare musica e meglio di prima. Non mi sono ritirato». Il maestro Ezio Bosso è intervenuto su Facebook ieri per placare quel solito «pietismo sensazionalistico» che si è generato dopo l’incontro tenuto domenica a Bari, alla Fiera del Levante, in cui, fra le altre cose, aveva detto: «Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere». Lo aveva detto altre volte, senza nascondere le difficoltà che aumentano nel tempo, ma le parole del pianista, compositore e direttore d’orchestra, 48 anni appena compiuti, che dal 2011 soffre di una patologia degenerativa, hanno di nuovo fatto “notizia” e alimentato il dibattito. «Sono molto felice perché faccio il mio mestiere di direttore. Ma mi addolora – ribadisce nel post – quando si insiste col pianoforte perché non so dire di no, faccio molta fatica e non ho abbastanza qualità. Ma soprattutto perché non si vede la bellezza di altro, quello per cui lotto. Ieri abbiamo parlato di tante cose belle all’incontro, di etica, società, bellezza e soprattutto di musica – continua il maestro –. E facciamo cose ancor più belle con le orchestre. Quelle che sogno e ho sognato tutta la vita». «Purtroppo – aggiunge – è stato dato inutile risalto in maniera sciacalla come sempre al pregiudizio su di me. E questo si che fa male. Ho solo risposto che non faccio più concerti da solo al pianoforte perché lo farei peggio che mai e già prima ero scarso (con emoticon con faccina sorridente, ndr), cosa che avevo già annunciato 2 anni fa. Mi addolora – conclude Bosso nel post – che per quanto combatta contro le strumentalizzazioni, si scade sempre in quel pietismo sensazionalistico e queste cose sì che mi farebbero ritirare davvero». Anche ad Avvenire, intervistato da Angela Calvini, lo scorso novembre per l’uscita di Roots – «l’ultimo a contenere sue composizioni inedite ed esecuzioni al pianoforte, anche dal vivo» – il maestro aveva ammesso: «La fatica si fa sentire. Se non posso evolvermi, preferisco non suonarlo. Ed è meglio così. Perché ritorno a fare quello che ho sempre fatto. Il direttore d’orchestra». A Bari si era raccontato, con accanto il suo cane Ragout, parlando di musica, arte e talento. «Il musicista non lo si diventa solo per talento – aveva detto – a un certo punto, soprattutto chi ce l’ha il talento, lo deve dimenticare e fare spazio al lavoro quotidiano, alla disciplina». Per Bosso la musica è «come un focolare attorno al quale sedersi, un linguaggio universale che permette a tutti di parlarsi e fare comunità a prescindere dal luogo di provenienza». Rispondendo alle domande del pubblico, aveva detto che «la disabilità è negli occhi di chi guarda, perché il talento è talento e le persone sono persone, con le ruote o senza». Tanto altro, tanta umanità. E non certo un “ritiro”.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: