martedì 24 ottobre 2023
Applaudito debutto del primo tour da solista ieri sera a Milano, con duetto a sorpresa col padre Andrea. Stasera si replica a Roma. "Mi ispiro a Madre Teresa: gli artisti siano portatori di pace"
Matteo Bocelli: «Questa è la musica a modo mio»

luca rossetti

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Una notte con Matteo Bocelli, fra pop d’autore e grandi classici, in un’atmosfera intima: pianoforte, trio d’archi e voce. E’ con discrezione, secondo lo stile di famiglia, nonostante sia già una star mondiale, che il cantante 25enne ha fatto il suo debutto in concerto solista in Italia, ieri sera al Teatro San Babila di Milano, per replicare stasera al Teatro Ghione di Roma in A night with Matteo. Le uniche due date italiane di un tour mondiale organizzato e prodotto da Live Nation, che ha preso il via il 30 settembre da Berlino per toccare 12 paesi, inclusi Stati Uniti e Medio Oriente con ben 30 date. E, a sorpresa, ieri sera a Milano il padre Andrea Bocelli è salito sul palco a duettare con Matteo nel loro successo planetario Follow me e in un brano di Ed Sheeran, fra gli applausi di un pubblico calorosissimo.

Un concerto sull’onda del successo internazionale del disco d’esordio dal titolo Matteo (Capitol records) che contiene 12 tracce (7 in inglese e 5 in italiano) interpretate con voce calda e contemporanea, scritte da collaboratori illustri come nel caso del singolo Chasing Stars composto da Ed Sheeran e il fratello Matthew, e di autori come Jesse Shatkin (Miley Cyrus, Sia, Kelly Clarkson) e Stuart Crichton (Kesha, Backstreet Boys, Louis Tomlinson), ma anche gli italiani Cheope, Davide Petrella e Mahmood che gli hanno regalato canzoni dal tocco autorale. Il titolo rappresenta appieno il contenuto dell’album, che presenta non il figlio d’arte o la star internazionale, ma il ragazzo nato in Toscana, che guarda alle persone importanti della sua vita, e mette al centro l’amore e le emozioni.

Matteo, quale è stata sinora la reazione ai suoi live del pubblico internazionale e cosa si aspetta da quello italiano?

Il pubblico italiano lo vado a sperimentare ora. Le reazioni del pubblico internazionale sinora sono state molto positive e questo mi riempie il cuore di gioia. All’estero è anche molto apprezzata la lingua italiana. Il mio è un percorso un po’ atipico: sono partito cinque anni fa dal duetto Follow me, a fianco del mio babbo, poi il Covid ha fermato un po’ i progetti. Intanto però lavoravo alla mia musica, ma con un spazio temporale più dilatato. L’anno scorso è uscito A family Christmas cantato con mio padre e mia sorella Virginia di cui il prossimo 10 novembre uscirà la versione deluxe. Ma è giunto il momento di provare le mie forze da solo.

Lei sul palco, oltre al suo pop, affronta anche i grandi classici con lo stile del crooner. Come vuole presentarsi Matteo Bocelli?

Non potevo presentare subito solo la mia musica. Come tutti gli emergenti propongo delle cover, in parte contemporanee e in parte d’altri tempi, ma che comunque mi descrivono. Come Can’t help falling in love di Elvis Presley o She di Charles Aznavour. Caruso di Lucio Dalla, poi, è con me da molti anni, sin da quando ero ragazzino. Sarà un viaggio attraverso i classici che amo e la mia musica più contemporanea, con brani come Solo o I'm here. E’ il modo per cercare di mettere in luce varie qualità e sfaccettature della mia voce. A night with Matteo è una situazione semplice, il primo incontro con chi verrà a teatro per farmi conoscere, accompagnato da Valerio Carboni alle tastiere e un trio d’archi.

Il cognome Bocelli ha portato più vantaggi o pregiudizi?

Bocelli è un cognome importante è mi ha aiutato a farmi conoscere, oltre al fatto che mio padre Andrea è una guida costante. Ma poi uno deve fare quello che si sente, e io non mi sono presentato solo con un repertorio classico. Il Matteo attuale ha voglia di fare musica a modo suo. La mia volontà era quella di portare nell’album la lingua inglese che io canto fin da bambino. Inoltre ho siglato con una etichetta americana che ha prodotto un lavoro dal respiro internazionale. Ma non farei mai niente che non fosse nelle mie corde, non mi faccio trasportare dalle mode.

Il testo di Chasing Stars scritto dai fratelli Sheeran parla di un padre che incoraggia il figlio a seguire le proprie passioni e a fare musica. Rispecchia il rapporto con suo padre Andrea?

Come i fratelli Sheeran, sono cresciuto in una famiglia in cui la musica era centrale nelle nostre vite. Ed e Matthew hanno scritto la canzone, ma sembra che l'abbiano scritta appositamente per me. Lavorare con loro è stato un privilegio. Sono sempre stato affascinato dalla musica di Ed, è una fonte di ispirazione.

Lei che è abituato a portare la sua musica per il mondo, come valuta da artista la situazione internazionale così drammatica?

Ci sentiamo tristi nel 2023 di essere su questa terra e vedere che l’odio e il male sono superiori al bene. Il mondo è sempre andato avanti e l’umanità a denti stretti ce l’ha fatta. Però questo è un periodo davvero brutto, il più critico dalla Seconda Guerra Mondiale e noi come artisti attraverso la musica abbiamo da sempre lo scopo di portare pace. La musica si fa per il piacere di farla e di dare emozioni. La vita senza emozioni è una vita non vissuta. Come diceva Madre Teresa di Calcutta, sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma insieme fonderemo un oceano di buoni messaggi: occorre dare un sorriso alle persone in primis, e in qualche modo tentare di cambiare qualcosa, portando un po’ di bene e positività.

Le piacerebbe portare questo messaggio magari al concerto di Natale in Vaticano?

Ho avuto la fortuna di incontrare il Santo Padre diverse volte con mio papà, e di cantare per lui alla “Cittadella del cielo” di Frosinone in occasione della sua visita alla comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante nel 2019. Appena ci sarà modo, mi piacerebbe davvero cantare in Vaticano.

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