Westerman: «La lotta per l’Artico negli occhi degli animali polari»

L'olandese al Festivaletteratura con il suo bestiario dei ghiacci ispirato dai diari di Barents «Mi sono chiesto: cosa ci dicono gli animali 400 anni dopo?»
September 2, 2025
Westerman: «La lotta per l’Artico negli occhi degli animali polari»
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Autore olandese tra i più apprezzati della non-fiction europea, Frank Westerman torna in libreria con Bestiario Artico (Iperborea, pagine 416, euro 20,00), un viaggio tra storia, geografia, memoria e natura, sulle tracce del leggendario esploratore Willem Barents e della Via della Seta Polare. Dal narvalo al lemming, dal granchio reale rosso all’orso polare, Westerman mette insieme sette animali protagonisti di un racconto che intreccia diari di navigazione del XVI secolo, osservazione naturalistica e riflessioni di geopolitica contemporanea. Lo presenterà venerdì 5 settembre al Festivaletteratura di Mantova in un incontro che parte da una serie di domande come, per esempio: cosa possiamo imparare da questi animali? La specie umana sarà in grado di adattarsi a vivere in un clima che cambia e diventa estremo? Comprendere la natura – spiega – è comprendere noi stessi, il nostro comportamento, tra ambizione e fragilità, e a volte può essere sorprendente.
Frank Westerman - Iperborea
Frank Westerman - Iperborea
Come è nata l’idea di questo libro e soprattutto di creare un bestiario artico?
«È fondamentalmente collegata alla Via della Seta Polare, come la chiamano, ovvero la nuova via navigabile che è in uso dal 2023 in modo permanente e che permette di navigare dalla Cina al porto di Rotterdam, in Europa. La nuova strada marittima è aperta tutto l’anno a causa dello scioglimento dei ghiacci del Polo Nord. In realtà, questo è un fatto molto strano o imbarazzante, se vuoi, perché quattro secoli fa gli olandesi cercarono di trovare questa scorciatoia per l’Asia navigando verso nord, convinti che esistesse un modo per attraversare il Polo Nord e trovare una via più breve per i mercati, per le spezie dell’Indonesia, e – in realtà – anche per aggirare i portoghesi. È ironico che quattrocento anni fa gli olandesi fallirono clamorosamente. A causa del comportamento umano, del calore che causiamo, dei molti problemi che creiamo alla Terra, oggi abbiamo aperto una nuova via marittima sulla mappa. Ironicamente, il fatto che le navi salpino dalla Cina verso Rotterdam senza l’aiuto di rompighiaccio, mi ha fatto pensare a circa quattrocento anni fa, ai tentativi del navigatore olandese Willem Barents, considerato in Olanda come una sorta di Colombo, un eroe nazionale, anche se morì tragicamente e non riuscì a trovare le scorciatoie nonostante i tre tentativi, come si evince dai diari».
Nel libro cita alcuni modelli di bestiario che vanno da quello medievale a Borges, fino al bestiario di Cortázar. Cosa ci dice di questo bestiario?
«Oltre il Capo Nord non si incontrano più esseri umani, ma animali che non hanno mai visto esseri umani, e viceversa. È come un incontro tra alieni. Il diario di Willem Barents è una sorta di bestseller. Tuttavia, non riguarda molto gli esseri umani, ma gli animali. Nel tardo Medioevo e all’inizio dell’età moderna il genere del bestiario era molto popolare: univa conoscenza, intrattenimento e curiosità. Per me la teoria migliore combina conoscenza scientifica e allegoria. Allora ho pensato: se leggessi il diario non per gli eroi sulla nave, ma per gli animali – ad esempio, nell’ultimo viaggio ci sono 54 combattimenti con orsi polari, con due marinai uccisi – potrei mettere gli animali al centro e seguire la rotta di Barents fino alle Svalbard, per vedere cosa hanno da dirci quattrocento anni dopo».
Le storie sugli animali spesso sono scritte come fiabe, ma la sua non è una fiaba, tutt’altro. Si può dire che la realtà e la storia talvolta siano più improbabili della fantasia?
«La fiaba è finzione e parla di esseri umani. Ha una morale e serve per insegnare ai bambini, come una storia prima di dormire, importante quanto cibo e riparo. La teoria migliore finge di essere conoscenza, ma può essere molto allegorica: parla di animali reali (o presunti tali) e del loro comportamento, aggiungendo elementi simbolici ».
Come ha scelto i sette animali di cui parla nel libro? Ce n’erano altri che però sono rimasti fuori?
«Avevo una lista di oltre venti animali citati nel diario. Ho scelto in base a quanto ciascuno potesse fare da specchio per l’essere umano. Volevo sette storie diverse: non è un libro sul cambiamento climatico, anche se il tema entra, ad esempio, con l’orso polare. Ogni animale offre un’angolatura diversa: la storia del narvalo per esempio non riguarda il clima ma mostra come gli uomini tentino di ricreare la natura per senso di colpa».
Visto che menziona il cambiamento climatico ne approfitto. Pensa che la narrazione naturalistica possa aiutare a promuovere una maggiore consapevolezza ambientale o un maggior senso di responsabilità?
«Dire di sì sarebbe presuntuoso. Un libro può avere un impatto limitato, ma smettere di raccontare storie sarebbe peggio: il mondo diventerebbe sterile. Raccontare storie è importante come nutrire e proteggere un bambino».
Che tipo di lavoro ha fatto sul testo per mettere insieme storia, geografia, geopolitica e ricordi personali?
«Ho letto e assimilato molto, ma ho anche esplorato. Ho analizzato collezioni di libri, mappe, reperti, e ho sperimentato, come nel caso del granchio reale che ho pescato e mangiato. Con mia figlia ho visitato Svalbard, dove l’anno prima un’olandese era stata uccisa da un orso polare. Volevo vedere la prospettiva dell’orso e come le cose fossero cambiate in quattrocento anni: c’è di tutto, habitat in scioglimento, orsi in città, e scontri con umani. In generale mi piace combinare reportage e saggio, invitando il lettore a viaggiare con me su rotte antiche e vedere attraverso queste, storie di oggi».
Parliamo di migrazioni. Quanto si intersecano le migrazioni politiche con quelle naturali?
«È il nodo della grande battaglia per l’Artico. Quattrocento anni fa era avventurismo economico: cercare una scorciatoia per la Cina, controllare una rotta esclusiva e far pagare dazi. Oggi è simile: lo scioglimento del ghiaccio rende navigabili le rotte, la Russia militarizza l’area, la Nato ha radar avanzati, che quattrocento anni fa gli olandesi volevano conquistare. Nel mio libro sono le renne a raccontare questa tensione: attraversano il confine tra Norvegia e Russia, vengono catturate e “riscattate” per milioni, simbolo micro di un conflitto macro».
Quindi si potrebbe concludere che il comportamento umano sia più “strano” di quello animale?
«Potrebbe sembrare incredibile, ma credo sia così».

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