giovedì 4 febbraio 2021
Il cineasta e drammaturgo bosniaco Semsudin (Sem) Gegic, "adottato" da Milano e in cura al San Raffaele, ha trasformato in un film la sua battaglia (vincente) contro il cancro
Cancro: la seconda vita di Sem, il regista della sua rinascita
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Sperare contro ogni speranza. Lottare quando tutto sembra perduto. Nella Giornata Mondiale contro il cancro ci sono tante storie che meritano di essere raccontate. Storie di sofferenza, di dolore, di perdita ma anche di vite che diventano nuove. Grazie al coraggio di chi non si arrende, grazie all’ostinazione di chi, come tutto il personale medico, sa che il tumore è una malattia che può non avere l’ultima parola. L’amore per la ricerca, l’audacia nel tentare nuove strade, la paura dell’insuccesso fino alla fiducia che una nuova vita, nonostante le efferate diagnosi, ci può essere. Aprile 2018. Šemsudin Gegić lascia Sarajevo: è un regista teatrale, un drammaturgo, un reporter che ha seguito la guerra nella sua Ex Jugoslavia per conto della televisione nazionale. Ha avuto brillanti offerte di direzione di teatri a Milano, ma ha sempre rifiutato. Per esigenze artistiche e familiari. Ora invece la sua città di origine sembra non essere più la sua patria ideale. Su invito della figlia Emina, drammaturga ora residente in Italia, Šemsudin detto Sem si trasferisce a Milano. Si affida ai medici dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e al team di Ultraspecialisti. E scopre che una vita diversa, migliore, è possibile.


Ora Sem lotta sempre contro la sua malattia, si sottopone alle terapie mediche e ha voluto trasformare la sua storia, utilizzando lo strumento che gli è più congeniale, in un documentario dal titolo Nel combattimento balla, girato tra Milano e Sarajevo, grazie al contributo incondizionato di Roche.
“Potrei definire - racconta il regista - il mio un film sull’autopsia della mia anima, un’autopsia però senza anestesia. Mi sono interrogato più volte perché, per me, sarebbe stato meglio morire nella mia terra. Sono sempre stato un eterno ottimista, ma dopo la diagnosi della malattia ero convinto che mi sarebbero rimasti pochi mesi di vita. Arrivato a Milano, dopo numerosi incontri con l’equipe del San Raffaele e varie ricerche, quando i medici mi hanno detto che la risposta alla terapia ci sarebbe stata non prima di un anno ho iniziato a credere che avrei vissuto, che avrei sconfitto il tumore”.
E Sem, la sua vita, è riuscito a salvarla. Ha rischiato l’espatrio dalla sua terra per poter accedere ai beni economici avuti dalla vendita degli immobili, ha tentennato nel trasferirsi definitivamente in Italia fino a credere che il sostegno medico ricevuto e le speranze terapeutiche potevano rappresentare davvero una concreta speranza.
“Questo film è stata la mia cura per il cancro” ha aggiunto il regista. “La mia malattia non ha facilitato le riprese del film, le ho dovuto interrompere per sottopormi alla terapia. E ho compreso che quando si ha una patologia grave si deve imparare a vivere, non a morire. Dopo una malattia, è necessario modificare la vita precedente, a volte malsana, e anche le abitudini lavorative. Credo che occorra guardare la vita in altro modo, capire e leggere le emozioni, essere utile alla comunità e non tenere per sé la propria creatività.”
“La Giornata Mondiale contro il Cancro del 4 febbraio - spiega Vanessa Gregorc, medico curante di Sem che ha lavorato anche sul set come attrice - ci aiuta a riflettere su quanto siano state straordinarie le innovazioni terapeutiche e diagnostiche nel campo della patologia del tumore. Sicuramente il terreno fertile della ricerca contro il cancro parte dall’alleanza medico-paziente affinché le terapie biologiche, l’immunoterapia e la diagnostica avanzata possono avere effetto”.

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