giovedì 22 giugno 2006
Dammi un piccolo verso al giorno, mio Dio, e se non potrò più scriverlo perché non ci sarà più carta e mancherà la luce, allora, lo dirò piano, alla sera, al tuo gran cielo. Ma dammi un piccolo verso di tanto in tanto.È un volto femminile che si è spesso affacciato in questo nostro piccolo spazio: Etty Hillesum, ebrea olandese assassinata dai nazisti ad Auschwitz il 30 novembre 1943 a soli 29 anni. Dal suo Diario 1941-1943 (Adelphi) abbiamo estratto una breve nota che esalta la misteriosa capacità della creatura umana di cantare anche nel giorno più oscuro e infelice (anzi, «i canti più belli sono i più disperati», osava dire il poeta francese Alfred de Musset). Certe volte mi pento di essere troppo duro dentro di me nel giudicare i molti che mi inviano le loro poesie, normalmente modeste o brutte, convinti come sono che scrivere poesie sia la cosa più facile e "spontanea".Dovrei, infatti, ricordare che quel «piccolo verso» è forse il desiderio di dire la propria vita, di segnalare il dolore, di festeggiare l"amore non più in isolamento e solitudine, è l"aspirazione a rompere la prigione dell"io e della quotidianità per comunicare agli altri la propria anima. In questa luce - naturalmente a livello ben più alto e tragico - Etty ci ricorda che è necessario tenere dentro di sé sempre la fiammella della poesia, la scintilla della fiducia, il germe della speranza, anche quando si è immersi in un"esistenza grigia, in un lavoro non amato, in difficoltà economiche, in problemi familiari. Il «piccolo verso» è la capacità di essere veramente persone che non vivono di solo pane ma anche di parole tenere, di affetti, di bellezza, di spiritualità.
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