martedì 10 maggio 2011
«Abbiate pietà di me, ascoltatemi, Signore! Abbiate pietà di quelli che si amano e sono stati separati!» " «Mi avete chiamato?» " «Aiutatemi, ho bisogno d'aiuto, abbiate pietà e vogliate aiutarmi!» " «No!».

Per comprendere questo dialogo, è necessario narrare la trama del dramma Il malinteso (1944) di Albert Camus, scrittore ateo ma con una sua originale domanda di Dio e su Dio. In una locanda remota e isolata la padrona uccide talvolta i viandanti che ospita per rubare i loro beni. Un giorno giunge un suo figlio fuggito di casa molti anni prima e ora sposo di Maria. Nella notte la madre, che non l'ha riconosciuto, lo uccide per rapinare i suoi averi. All'alba, la moglie Maria scopre il delitto e lancia disperata il suo grido a Dio e agli altri. Nel dialogo da noi citato le sue parole sono raccolte da un vecchio servo sordomuto che rompe il silenzio e risponde con un gelido monosillabo finale: «No!». E qui cala il sipario.
È evidente che egli incarni il Dio muto e indifferente al dolore dell'umanità, chiuso nel suo silenzio. Si delinea, così, un'esperienza tragica, vissuta anche da molti credenti quando scivolano nel gorgo della desolazione: «Dalla città si alza il gemito dei moribondi e la gola dei feriti grida aiuto: Dio non presta attenzione alle loro preghiere», esclama sconfortato Giobbe (24,12). È l'amarezza condivisa anche dal morente Gesù, che così si rivela nostro fratello nel dolore: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Ed è proprio qui la risposta di Dio che non replica da un cielo dorato come il vegliardo sordomuto, ma che scende nel Figlio a bere il calice aspro e avvelenato della sofferenza e della morte per infondervi l'antidoto della sua divinità, della vita, della luce, perché sorga l'alba della sua e nostra Pasqua.
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