giovedì 28 novembre 2002
Una donna era offesa perché suo figlio diciottenne, ogni volta che uscivano insieme, camminava un po' più avanti: forse si vergognava di lei? Un giorno volle chiedergli una spiegazione. Il ragazzo, imbarazzato, rispose: «È solo che tu sembri così giovane e sei così bella che non vorrei che i miei amici sospettassero che ho un'altra fidanzata!». La tristezza della madre svanì d'incanto. Non ha una fonte nobile questo episodio, né è desunto da un articolo di giornale o da una testimonianza di personalità famosa. È solo la sintesi di un racconto - un po' compiaciuto - della moglie di un mio amico che a cena, in assenza del figlio, rievoca per me questa vicenda. Se la donna non fosse effettivamente molto bella e giovanile, si potrebbe sospettare il tarlo dell'illusione o della vanità che, comunque, è sempre da mettere in conto, considerando anche l'astuzia dei figli per tener a bada i loro genitori. Tuttavia, io vorrei proporre questo aneddoto divertente per un'altra ragione: troppo spesso il sospetto di un inganno, il dubbio nei confronti dell'altro, l'immaginazione fervida di non si sa quali complotti ai nostri danni ci rendono la vita triste, ci trasformano in persone scontrose, ci delineano orizzonti foschi. «Il sospetto è il compagno delle anime meschine», osservava Thomas Paine, scrittore inglese del Settecento.
Certo, non si deve cadere nell'illusione e nella faciloneria, ma un po' di fiducia nei confronti del prossimo non guasta. È vero che a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina. Tuttavia non è sempre così. E le sorprese non mancano, come per quella madre.
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