giovedì 21 aprile 2005
«Ubi Petrus, ibi Ecclesia; nulla mors, sed vita aeterna».
Abbiamo voluto lasciare in latino le parole lapidarie e chiare di s. Ambrogio tratte dal suo commento al Salmo 40 (41): esse potrebbero idealmente fungere da motto per questo giorno di festa della Chiesa che accoglie il nuovo Papa Benedetto XVI. Due sono le frasi, essenziali e parallele, che il famoso vescovo di Milano propone per la nostra meditazione. Da un lato, il legame intimo tra Pietro e la Chiesa: dove c'è l'uno c'è anche l'altra secondo un nesso fondato sulle parole stesse di Cristo («Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»). È un vincolo riconosciuto già nei primi secoli e attestato ancora in questi giorni attraverso la fede corale della comunità cristiana.Ma proprio perché dietro Pietro si erge la figura di Cristo unico Salvatore, ecco allora il valore della seconda frase. Entrando nel mondo con l'Incarnazione e continuando la sua presenza nei secoli attraverso il suo corpo mistico eppur visibile che è la Chiesa, Cristo depone nel tempo e nello spazio un seme di eternità e di vita perenne. Non c'è più la vittoria della morte, ma la vita eterna è l'ultimo approdo riservato all'uomo. Attraverso la comunione di fede e di amore, attraverso la Parola divina e i sacramenti la nostra fragilità e caducità sono irradiate dal fulgore della luce e della vita divina. È questa la missione della Chiesa, esemplata in modo supremo nel Papa: egli è guida verso quella luce e quella vita che ci è donata da Dio.
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