martedì 11 ottobre 2005
Dio ti dà il tuo volto. Il sorridere tocca a te.Mi è capitato tra le mani un libro inglese dedicato ai proverbi popolari delle varie nazioni. Apro, così, in questi giorni una piccola parentesi di sapienza folclorica ricorrendo a detti, sempre brevi e incisivi (com"è nello stile dei proverbi), di paesi europei. Inizio oggi con questo bel motto di origine irlandese. Esso ruota attorno a due realtà espressive. La prima è il volto, del quale effettivamente non siamo responsabili, con buona pace dello scrittore francese Albert Camus che nella Caduta annotava: «Dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia». Tuttavia, se è vero che quest"unica faccia che abbiamo a disposizione e forse la sua non entusiasmante bellezza non dipendono da noi, è però altrettanto vero che non ha neppure del tutto torto Camus.Ed è ciò che il proverbio irlandese afferma nella sua seconda parte: noi possiamo con un nostro atto trasfigurare il viso. È ciò che riesce a fare il sorriso. È stato detto che - al di là dell"artificiosa definizione della iena come ridens - il ridere è un"azione tipicamente umana e ha in sé una forza dirompente perché riesce a dar luce a un profilo sgraziato. Ecco, allora, la necessità di non ridursi a persone sempre cupe, che sembrano inseguite per le strade da un avvoltoio. È possibile ritrovare, anche nell"amarezza, un filo di speranza, una scintilla di  luce e farla sbocciare in un sorriso. Mi ricordo una battuta dello scrittore inglese settecentesco Laurence Sterne tradotta in italiano da Ugo Foscolo: «Un sorriso può aggiungere un filo alla trama brevissima della vita». Sì, un sorriso allunga la vita, nostra e degli altri.
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