mercoledì 11 gennaio 2006
Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Possibilmente senza chiedere sconti.«Dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio». Questo monito che san Paolo indirizza ai cristiani di Roma (13, 6) sorprende non solo perché pagare le tasse è sempre un atto sgradito, dal quale si cerca spesso di evadere, ma anche perché allora era imperatore nientemeno che Nerone. Il senso del dovere civico, soprattutto in Italia, è piuttosto scarso e relega ai margini della morale comune l"altro monito, ben più celebre, quello di Gesù che sopra abbiamo evocato con l"aggiunta ironica che ad esso ha allegato Roberto Gervaso, in una citazione segnalataci da un sacerdote nostro lettore.Sì, forse dovrebbero essere più severi i predicatori nel ricordare questo impegno sociale, cercando di schiodare la convinzione radicata secondo la quale riuscire a escogitare sconti al tributo da versare a Cesare sia sostanzialmente un"opera meritoria. Certo, gravissima è la colpa di chi spreca il denaro pubblico o, peggio, ne usa per interessi personali e la storia italiana è, al riguardo, vergognosamente esemplare. Ma tutto questo non può essere un alibi per sottrarsi a un impegno di giustizia distributiva, che, come si è visto, ha un fondamento anche religioso. Sicuramente aveva ragione lo storico romano Svetonio quando scriveva che boni pastoris esse, tondere pecus, non deglubere, ossia che il buon pastore deve tosare il gregge, non scorticarlo! Ma è altrettanto giusto che tutti devono offrire quella lana che serve a coprire chi è nudo, a rendere più calorosa e solidale una società in cui vivono anche i miseri e gli sventurati.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: