martedì 18 ottobre 2005
Dico a me stesso: «Non temere, povero piccino, non c'è niente da temere" Leggi il Libro, leggi il Libro, istruisciti sino al tuo ultimo respiro. Sei ignorante». Nei suoi drammi più celebri rappresentò in modo aspro il non senso, anzi l'assurdo che attanaglia il nostro linguaggio e la nostra stessa vita. Ma lentamente la ricerca condusse Eugène Ionesco, scrittore nato in Romania nel 1912 e morto a Parigi nel 1994, verso orizzonti metafisici e spirituali. Ne è testimonianza il suo diario dal quale abbiamo estratto questo sorprendente appello a leggere «il Libro» per eccellenza, la Bibbia. Lo facciamo nel giorno dedicato dalla liturgia a s. Luca, l'evangelista della tenerezza di Cristo che si china sulle creature più deboli e fragili per offrire loro la sua salvezza e la sua gioia. Sì, quel sentimento che Ionesco esprime con parole di impronta evangelica: «Non temere, povero piccino"». Ma è sull'impegno finale dell'autore che vorrei porre l'accento: l'istruzione «sino all'ultimo respiro» nella Parola di Dio. Purtroppo è, questo, un proposito raro e ogni sondaggio rivela impietosamente quel risultato che lo scrittore applica a se stesso: «Sei ignorante». Quanti sono gli Italiani che hanno letto non dico tutta la Bibbia ma anche solo i quattro Vangeli, se è vero che un quarto di essi non ne conosce neppure il numero? Questa ignoranza dell'anima non è solo un limite radicale a livello religioso, lo è anche a livello culturale perché la Bibbia è il grande vocabolario dell'arte dell'Occidente. Uno spirito "laico" come Francesco De Sanctis non esitava a chiedersi perché «nelle scuole, ove si fanno leggere tante cose frivole, non sia penetrata un'antologia biblica adatta a tener vivo il sentimento morale nel suo senso più elevato».
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