
La felicità è una scelta: così ci insegnano tanti coach di sviluppo personale. È un’idea al tempo stesso rassicurante, perché suggerisce che la felicità sia a portata di mano, e colpevolizzante. Se non siamo felici, sembrano dirci, è un po’ colpa nostra, perché basta decidere di esserlo… Nel libro del Deuteronomio, dopo aver trasmesso al popolo d’Israele appena uscito d’Egitto i comandamenti di Dio, Mosè conclude la sua presentazione della Legge con una frase semplicissima, che sembra voler dire qualcosa di molto simile: «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e la felicità, la morte e l’infelicità. […] Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui» (Dt 30,15-20).
E tuttavia Mosè qui non afferma che è sufficiente scegliere, che la felicità e la vita sono solo una questione di scelta: egli ricorda che una scelta è, comunque, necessaria. Il cammino della felicità che traccia è quello di un amore esigente, paziente, concreto, per Dio e per il prossimo, un amore che s’incarna nella realtà quotidiana e di cui la Legge è l’espressione. Per amare non basta volerlo, ma senza una scelta, senza l’impegno, senza il “sì” del nostro battesimo, sapremo noi metterci in cammino verso la gioia?
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