venerdì 21 dicembre 2018
Èpiuttosto alla fine dell'anno che non a Natale, festa della Nascita come dice il suo nome, che capita di pensare più assiduamente a coloro che non sono più tra noi, ai Morti. Un giovane poeta poi diventato regista scrisse un tempo una poesia che cominciava così: «I morti crescono / di numero e d'età». È ahinoi vero, e chi ne ha più coscienza è chi è vicino a passare anche lui nel numero dei morti e, per il fatto di aver molto vissuto, ha conosciuto più persone e le ha viste scomparire, abbandonarci. Il più bel racconto del Novecento, diceva uno di questi morti, uno di quelli di cui sento più la mancanza, Romano Bilenchi, è I morti di Joyce, che seppe narrare come e meglio di tanti prima di lui l'angoscia dell'assenza, la crisi della presenza. Ma è di morti particolari che si dovrebbe parlare prima di Natale, per poi tornare, a Natale, a sperare nelle nuove presenze, per trovare fiducia in quel che potranno essere e fare. Ho conosciuto, per mia immensa fortuna, tanti grandi intellettuali italiani del dopoguerra in avanti, e ne sento enorme la mancanza nell'Italia di oggi, di fronte alla mediocrità e al conformismo che caratterizzano la loro enorme maggioranza (una massa) degli intellettuali italiani di oggi, con ben rare eccezioni. Dove sono finiti i Calvino e i Silone e i Bobbio e i Calamandrei e i Fortini e i Pratolini e gli Zanzotto e i Sereni e le Morante e le Ortese e gli Sciascia e i Pasolini e i Maccacaro e i Basso e i Pertini e i Volponi e i Lombardo-Radice e le Gobetti e le Zoebeli e i Fellini e i Monicelli e le Zucconi e le Cherchi e Dolci e i don Zeno e i padre Davide e i padre Camillo e i Dossetti e i Carretto eccetera, eccetera, eccetera... che ho ho avuto modo di sfiorare o con i quali ho potuto dialogare e discutere, ai quali ho avuto modo di voler bene sia pure in modi a volte conflittuali come è giusto che sia, tra generazioni? E dove sono finiti i contadini e gli operai e gli studenti e gli insegnanti, gli uomini e le donne e i bambini che ho amato non meno dei personaggi di qualche fama? Uno dei “miei” morti più cari, Aldo Capitini, ha parlato di «compresenza dei morti e dei viventi», un saggio e un titolo rallegranti (è ristampato dalle Edizioni del Ponte a cura di Lanfranco Binni e con la prefazione di Giancarlo Gaeta). Si, i morti sono presenti, sono tra noi, e dovremmo tenerne ben conto noi vivi, angosciati dal dover muoversi dentro un presente preoccupante e avvilente come è quella dei nostri anni, e in particolare del nostro paese. Pensando proprio ai nuovi nati e ai nuovi arrivati, che si trovano davanti una realtà degradata alla quale dovranno pur adattarsi.
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