giovedì 28 novembre 2019
"Ho bisogno di te". Nel nostro immaginario questa frase è quella più direttamente collegata all'amore: nella misura in cui sento di avere bisogno di te, vuol dire che sono davvero innamorato e dunque che ti amo. Mi sei indispensabile: per questo hai un grande valore per me. Avere bisogno dell'altro ci mette in una condizione di vulnerabilità e di dipendenza, ma nello stesso tempo tiene vivo il desiderio: niente desideriamo di più di ciò che ci manca.
Ma cosa succede se le cose diventano diverse? Se non sento più questo "bisogno"? Se inizio a pensare che potrei vivere bene anche senza l'altro? Se e quando si verifica questo passaggio, si avverte sempre una sensazione di sconcerto: la sensazione è quella di avere messo tra sé e l'altro una distanza che sa di disamore. Ma davvero l'autenticità dell'amore è direttamente proporzionale alla sensazione di avere "bisogno" dell'altro? Davvero quando raggiungiamo una maggiore autonomia affettiva significa che non amiamo più?
Durante la sua storia il rapporto d'amore conosce molte fasi e molti passaggi; uno tra questi è proprio quello che permette di sperimentare un modo di essere indispensabili l'uno all'altro che è diverso dal "bisogno". Nel matrimonio si costruiscono molte aree di interdipendenza reciproca: potremmo dire che "si prende forma" insieme. Nel corso del tempo ciò che ciascuno dei due "è" si va conformando poco alla volta in relazione all'altro: attraverso di lui, attraverso le modalità relazionali condivise, attraverso lo scambio quotidiano, due persone che si vogliono bene si modellano a vicenda, in un processo dinamico. Ciò che io sono dipende dunque anche da ciò che "noi" siamo stati, siamo, saremo ancora capaci di essere. La vitalità del rapporto dipende dalla capacità di mantenere sempre aperto il cambiamento: coltivare il desiderio personale di crescere sempre, fino alla fine della vita, e continuare a portare ciò che si è anche nel contesto del rapporto di coppia.
Nel matrimonio l'altro non è solo il nostro testimone, ma è anche è il nostro "partner di crescita": l'incontro con lui dà infatti inizio ad un processo di trasformazione personale che è legato in modo specifico proprio a quell'incontro. In un incontro diverso sarebbero successe altre cose: in noi, tra noi, intorno a noi; saremmo dunque anche noi probabilmente delle persone diverse. Ma se leggiamo il matrimonio nel suo significato più profondo, dobbiamo pensare che proprio attraverso questo incontro e le sue vicissitudini si gioca la nostra concreta opportunità esistenziale, la misteriosa sfida che ci è proposta per rispondere alla nostra "vocazione" e per dare i nostri frutti migliori. L'altro, che è così vicino, ci rende impossibile bluffare: i suoi bisogni e le sue richieste mettono in evidenza ciò che ancora ci manca, la sua differenza fa emergere i nostri limiti. L'amore per l'altro ci obbliga a non accontentarci di ciò che siamo, a modellare le nostre caratteristiche, a far emergere e fiorire competenze e capacità relazionali nuove. Ci obbliga a lavorare su noi stessi, a non adattarci, a lottare, a rilanciare; ci obbliga a perdonare e perdonarci, ci obbliga a fare dell'amore qualcosa di più forte e duraturo del solo sentimento.
Ciò che la nostra storia ha fatto di noi è solo l'inizio: nessuno è "costretto" ad essere solo ciò che è stato e tutti abbiamo la libertà di cambiare, crescere, arricchire la nostra personalità. Possiamo farlo in ogni momento, a qualsiasi età, in ogni condizione; il processo di affinamento della propria personalità non ha un limite ed è un processo appassionante.
Ma tra questo "essere sempre più se stessi" (che è poi adempiere alla propria vocazione) ed essere in due coltivando il legame, non c'è nessuna necessaria contrapposizione; al contrario, spesso l'occasione più preziosa per mettere in atto una vera crescita personale passa proprio dall'altro: l'altro che, con la sua differenza, ci interpella a rimanere sempre aperti al cambiamento.
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