giovedì 20 maggio 2021
«Non prendan li mortali il voto a ciancia; siate fedeli, e a ciò far non bieci, come Ieptè a la sua prima mancia; cui più si convenia dicer “Mal feci” , che, servando, far peggio; e così stolto ritrovar puoi il gran duca de' Greci, onde pianse Efigènia il suo bel volto, e fé pianger di sé i folli e i savi ch'udir parlar di così fatto cólto. Siate, Cristiani, a muovervi più gravi: non siate come penna ad ogne vento, e non crediate ch'ogne acqua vi lavi. Avete il novo e 'l vecchio Testamento, e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; questo vi basti a vostro salvamento. Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte» (Par V,64-80). Volendo ribadire la dignità dei voti che le persone fanno consacrando a Dio la propria libertà, Dante mette in guardia dalla follia che, però, sovente genera gli abusi. E trae due esempi dalla tradizione biblica e classica, che hanno come vittime le donne. Il primo è quello di Iefte, giudice in Israele, che per voto uccise sua figlia adolescente; l'altro è quello di Agamennone che offrì ad Artemide, Ifigenia. Ambedue diedero morte alla cosa più bella. È un'altra donna a invocare il riscatto: Beatrice, maestra e luce per le pecore matte.
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