giovedì 4 giugno 2020
Liberi. Si ripopolano gli aeroporti, ripartono i treni. Nelle foto i viaggiatori hanno grosse valigie: tornano a casa, dopo mesi. Alla stazione troveranno i familiari ad aspettarli, e sarà difficile, fra madri e figli, fermarsi prima di abbracciarsi.
Liberi, sembra quasi troppo bello. Di andare dove vogliamo, dalla Val d'Aosta alla Sicilia. E anche noi, che per ora non partiamo, sappiamo però che potremmo. E allora si può lasciarsi immaginare dove andremmo oggi, 4 giugno, se non avessimo da lavorare. Io credo che alla mattina molto presto, appena fa giorno, imboccherei da Milano l'autostrada dei Fiori, verso la Liguria. Andrei adagio, per centellinare la libertà ritrovata. Poi, superata Pavia e Tortona e lo svincolo per Genova, verso il Tigullio starei attenta a cogliere, sulla mia destra, un punto particolare della strada: da dove, oltre il guard rail, finalmente si palesa la striscia blu del mare.
Dopo il mite verde padano, quel blu profondo segna per me il passaggio a un'altra latitudine.
Si entra nel mondo di remote estati: ombrelloni a righe, la spiaggia che finisce nel luccichio irrequieto del mare. L'aria che sa di sale, le bouganvillee radiose affacciate ai muri dei giardini, e ai tavolini dei bar gelati color pastello, e granite. Ma, soprattutto, il mare immenso e fresco in cui tuffarsi, sotto il solleone, e giocare, come ancora bambina. Uscita, però, ti volti indietro e di nuovo la linea blu all'orizzonte è misterioso confine, metafora di un'altra sacra frontiera.
Partirei, dopo il lungo confino a Milano, solo per rivedere quella linea blu e restare a contemplarla, senza dire nulla. Ora che ho provato a saperla irraggiungibile, mi è più cara. Come lo è tutto ciò che hai perduto, quando lo ritrovi. E anzi forse solo in questo ritorno conosci davvero la gratuità e la bellezza delle cose. (Forse, prima non vedevamo bene come ora).
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