venerdì 27 maggio 2016
Nel 1977 il grande sociologo americano Christopher Lasch, autore tra l'altro del fondamentale La cultura del narcisismo (1979), scrisse un libro in controtendenza sulle idee del tempo, in netta difesa della famiglia: Rifugio in un mondo senza cuore (Bompiani). L'ho ripreso in mano stimolato dalla lettura degli Scritti sul cinema di un grande regista giapponese, Yasujiro Ozu (1903-1963), appena pubblicati da Donzelli per cura di Franco Picollo e Hiromi Yagi e con una bella prefazione di Dario Tomasi. Questa pubblicazione segue da poco l'edizione di un cofanetto della Tucker Film contenente sei dvd con i capolavori di Ozu, tra i quali Viaggio a Tokyo, un film del 1953 che raccontava la disgregazione di una famiglia nel Giappone del dopoguerra in corsa dietro al progresso. Altri film ne raccontavano la capacità di resistenza, nonostante la Storia e gli impacci sociali e psicologici (la delicatezza dei rapporti in famiglia, il ruolo spesso risolutore dei bambini, la solitudine dei vedovi e dei vecchi), senza dimenticare quelli storici. Si tratta infine di una cinquantina di film che nel corso degli anni, dal muto al 1962, hanno ostinatamente esplorato il nucleo famigliare con le sue gioie e con le sue difficoltà, come nucleo sociale fondamentale e via via come fondamentale «rifugio in un mondo senza cuore», anche se Ozu si è tenuto lontano dalla denuncia e dalle ideologie e ha scelto di scavare, mostrare, entrare nelle storie anzitutto attraverso l'analisidei sentimenti. Il pudore di Ozu gli impedisce di teorizzare altro che il suo modo di lavorare, di girare, e se i suoi scritti si soffermano sulla tecnica e sulla regia piuttosto che sui contenuti, i suoi film parlano il linguaggio dei sentimenti fondamentali come pochissimi altri registi sono riusciti a fare, e in questi tempi di crisi della famiglia, di sbandamenti prodotti dai nuovi modi di vita e dalla violenza di mutazioni che penetrano nelle psicologie e le sconvolgono determinando nuovi comportamenti e nuove incomprensioni, nuove aggressività e nuove solitudini, vedere e rivedere i film di Ozu ci riporta a essenze che sono statefondamentali, radicatissime, ma chissà se durature e immutabili. Per questo fa bene vederli, e nutrirsi della loro saggezza.
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