La vera arte? Travolta dall’estetica dell’inganno
venerdì 7 aprile 2023
Quando nel 1977 vidi il film La febbre del sabato sera con John Travolta, irresistibile giovanotto tutto preso dalla gioiosa mania del ballo, dissi a mia moglie: «Ora il Sessantotto è finito». Dopo una decina d’anni di moralismo politico, che non sempre andava d’accordo con una morale accettabile e con una politica socialmente convincente, all’improvviso si spalancarono le porte alla spensieratezza, al puro divertimento e soprattutto all’estetica. Da allora, devo dire, l’estetica non ha fatto che dominare. È come se le nuove generazioni (da allora ne sono passate quattro o cinque), non sapendo che cosa essere, si fossero occupate soprattutto di come apparire. Si cominciò con una specie di indecifrabile lutto: era la moda dark e punk, tutti vestiti di nero, anelli e catene e metallo dovunque. Teste rasate, smalto nero alle unghie. C’era in questo qualcosa di autopunitivo, che però sembrava anche voler minacciare non si sa bene che cosa. Più simbolicamente era una specie di tetra maschera che alludeva a una misantropica serietà priva di contenuto e di ragioni. Era un’estetica dell’autolesionismo. Un antivitalismo opposto alla ritmica vitalità di John Travolta. Ma cercare e trovare dei significati univoci alle mode estetiche non è mai stato facile. Prima di ogni significato, da allora in poi si sono sempre avvicendati gesti esibizionistici. Eccessi di colori o assenza di colori: ma comunque eccessi, o il quasi niente, o il troppo, o l’inutile, o il barbarico, o il finto sciatto da finto operaio, o l’esangue per troppa raffinatezza, o stivali alti d’estate, o pance nude a dicembre, o capelli rasati male come per errore ma con precisa accuratezza. Insomma, attirare l’attenzione, sorprendere, distinguersi imitando qualcuno. E sorvolo sugli orribili tatuaggi. Una volta il poeta russo Josif Brodskij, poi americanizzato in Joseph Brodsky, disse che l’etica nasce dall’estetica. Era un modo discutibile per dire che la poesia e in genere le arti non hanno doveri morali che vengano da fuori. Ma certo è che l’estetica fine a sé stessa, semplice forma e pura apparenza, è anche moralmente sterile. In arte non esistono priorità. La vera arte e la vera estetica contengono sempre una morale che può essere discussa. Se l’estetica è ispirata dal sembrare ciò che non si è, non è forse inganno e autoinganno? © riproduzione riservata
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