giovedì 9 giugno 2016
Siamo in fila, per la statio, come ogni mattino. Il silenzio che regna in monastero è rotto solo dal cinguettio degli uccellini e dal canto del gallo che annuncia un nuovo giorno. Il profumo del caffè e del latte caldo ci accompagna mentre sediamo a tavola. Poi d'improvviso il suono stridulo del campanello zittisce ogni rumore di stoviglie. Ci guardiamo allarmate: chi può essere a quest'ora? Sollecite, la Vicaria con suor Maddalena vanno alla porta. Il nostro pavone è volato lungo la via e un cane lo ha azzannato.Così, in tre, ci avventuriamo su una via che raramente ci vede passare. Non c'è anima viva nella clausura naturale del nostro borgo, nessuno si accorge del piccolo giallo che stiamo vivendo. Immediatamente, nel mio cuore, la realtà si fonde col simbolo: il pavone, antico uccello del Paradiso, uccello dalla coda con mille occhi, segno dell'onniscienza di Dio, soccombe sotto le fauci del cane, animale da sempre associato agli inferi. È la lotta tra il bene e il male di cui soffre il mondo, tra uomini che tentano il volo verso un di più e un inesorabile mistero dell'iniquità che li riporta a terra, nel fango più nero, non di rado macchiato di sangue.Non si vede sulla via nemmeno il proprietario del cane che ci ha avvertite del fatto. Solo incontriamo le piume del nostro magnifico uccello: sono tante, sono bellissime, sono il presagio della tragedia consumata. Mentre le raccolgo mi passano davanti agli occhi le speranze di molti che ci interpellano, con email, telefonate, lettere: malattie rare di bimbi di pochi anni; vite bruciate di giovani dentro a paradisi artificiali o a una sessualità sregolata e infeconda. Medici calunniati per giochi di potere; fallimenti; persecuzioni fra le mura domestiche e le pareti del posto di lavoro. Infine le grida dei nostri fratelli siriani o pachistani; il dramma di piccoli centri che si vedono invasi da poveri stranieri sballottati come un pacco postale, con disagi degli uni e degli altri. Chi riprenderà il volo? Chi ci ridarà il colore superbo di queste piume inerti?Da lontano sopraggiunge il cane, sembra mansueto, ignaro di ciò che ha fatto. Poco dopo, spunta dal fondo della strada, la nostra sorella che regge tra le braccia il pavone. Come morto. Pensiamo al peggio invece, quando ce lo porge, come una piccola pietà agreste, ci accorgiamo che è vivo.Mi torna alla mente la splendida vetrata del Tabor, due pavoni che si affacciano maestosi sulla valle di Yizre'el: promessa certa di un male che non vincerà che non avrà la meglio. Sì, il male veste molti abiti, anche quello mansueto del cane domestico, si nasconde dietro le mura di casa e aggredisce quando meno te lo aspetti. Non dobbiamo illuderci con mille sociologismi sterili: un mistero dell'iniquità è in atto, ma neppure dobbiamo temere. Questi non vincerà, la vittoria di Cristo, come quella dell'indomito pavone, è certa. Sonnecchia dentro le tante pietà di fronte alle quali restiamo come sgomenti e in attesa, ma si rivelerà.
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