venerdì 26 maggio 2023
A Praga alloggiai in un battello sulla Moldava. Ero giovane, infervorato di vita e letteratura, pronto a lasciarmi abbagliare da quella stregata città di ponti e brume. Le acque sciabordavano intorno a me. Dall’oblò si vedevano i gabbiani compiere voli isterici sui cordami. Più oltre, in posizione sopraelevata, spuntava il castello. Avendo letto da poco l’omonimo romanzo di Kafka, mi venne spontaneo abbozzare qualche appunto che oggi scorro: sorrido pensando alla mia ingenuità di allora. Fra Dio e l’uomo, secondo il grande scrittore ebreo, così come fra l’agrimensore e il misterioso sovrano che governa il forte, esiste un abisso incolmabile. Il significato dell’esistenza resta inconoscibile, allo stesso modo di quanto avviene nell’Anticristo di Nietzsche. Ma nello scrittore l’individuo risulta annichilito, nel filosofo esaltato, se è vero che la sua invettiva si rivolge contro il cristianesimo, non contro il Nazareno. L’umanità che abita nel misterioso maniero appare meschina, mediocre, filistea - lo è anche fisicamente. È un modo antitetico rispetto a quello nicciano, di rifiutare il duello con Dio. Entrambi gettano a terra la spada del confronto. Scrivevo questi appunti, scendevo dal vascello, salivo fra i palazzi di Malà Strana, cercando un sentiero per diventare adulto. © riproduzione riservata
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