sabato 30 dicembre 2017
Santo Stefano, ovvero quando niente è più come prima. Sarebbe potuto scappare, Stefano, avrebbe potuto negare e salvarsi. Avrebbe potuto evitare, facilmente, quei sassi. Eppure no. Quei sassi Stefano se li prende tutti, e mentre arrivano e lo uccidono chiede al Padre di perdonare i suoi carnefici. Perché, appunto, dopo Gesù niente è più come prima, e anzi mostra un approccio del tutto nuovo. Un approccio dove l'unità di misura è l'amore.
Papa Francesco ce l'ha ricordato con grande semplicità il giorno dopo Natale, quando la Chiesa celebra Santo Stefano, il primo martire: «Il messaggio di Gesù – ha detto – è scomodo e ci scomoda, perché sfida il potere religioso mondano e provoca le coscienze. Dopo la sua venuta, è necessario convertirsi, cambiare mentalità, rinunciare a pensare come prima. Stefano è rimasto ancorato al messaggio di Gesù fino alla morte. Le sue ultime preghiere: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” e “Signore, non imputare loro questo peccato”, queste due preghiere sono eco fedele di quelle pronunciate da Gesù sulla croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” e “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Quelle parole di Stefano sono state possibili soltanto perché il Figlio di Dio è venuto sulla terra ed è morto e risorto per noi; prima di questi eventi erano espressioni umanamente impensabili».
Stefano, in questo senso, è il “provocatore” che mette ogni cristiano di fronte alla realtà del Battesimo e di ciò che questo implica. «Dopo la generazione degli apostoli – spiegò nel 2011, nel giorno di Santo Stefano, Benedetto XVI – i martiri acquistano un posto di primo piano nella considerazione della comunità cristiana. Nei tempi di maggiore persecuzione, il loro elogio rinfranca il cammino faticoso dei fedeli e incoraggia chi è in cerca della verità a convertirsi al Signore... La vera imitazione di Cristo è l'amore, che alcuni scrittori cristiani hanno definito il “martirio segreto”... Come nell'antichità anche oggi la sincera adesione al Vangelo può richiedere il sacrificio della vita e molti cristiani in varie parti del mondo sono esposti a persecuzione e talvolta al martirio».
Una realtà che noi oggi ben conosciamo. Una realtà che quasi quotidianamente le cronache ci raccontano. Ma, nello stesso tempo, una realtà che ci pare lontana, estranea a volte; tanto lontana e tanto estranea che, forse, abbiamo perso la percezione della provocazione di Stefano e di un Dio che fa nuove tutte le cose, anche la morte. «Stefano supplica Gesù – ha detto ancora Papa Bergoglio – di accogliere il suo spirito. Cristo risorto, infatti, è il Signore, ed è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini, non soltanto nell'ora della nostra morte, ma anche in ogni istante della vita: senza di Lui non possiamo fare nulla... Gesù è il nostro mediatore e ci riconcilia non soltanto con il Padre, ma anche tra di noi. Egli è la fonte dell'amore, che ci apre alla comunione con i fratelli, ad amarci fra noi, rimuovendo ogni conflitto e risentimento. Sappiamo che i risentimenti sono cosa brutta, fanno tanto male e ci fanno tanto male! E Gesù rimuove tutto questo e fa sì che noi ci amiamo».
Questo è dunque «il miracolo di Gesù. Chiediamo a Gesù, nato per noi, di aiutarci ad assumere questo duplice atteggiamento di fiducia nel Padre e di amore per il prossimo; è un atteggiamento che trasforma la vita e la rende più bella, più fruttuosa». Perché davvero, alla fine, l'amore resta l'unica risposta possibile per chi si dica seguace di Gesù. Qualunque cosa questo amore comporti. Fosse anche la morte.
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