venerdì 27 ottobre 2006
Nei tempi antichi, barbari e feroci, i ladri s'appendevano alle croci: ma nei presenti tempi più leggiadri s'appendono le croci in petto ai ladri. Di lui rimane in tutti noi la memoria scolastica, in alcuni permane l'esaltazione della sua eredità politica, per altri ancora è una sorta di icona laica di moralità: intendo riferirmi a Giuseppe Mazzini (1805-1872), figura decisiva del Risorgimento ma anche capace di interessi storici, filosofici e letterari (egli celebrava, ad esempio, Foscolo come esempio della «connessione delle lettere col vivere civile»). Del suo rigore morale è emblematica questa citazione che ho trovato in una biografia a lui dedicata. L'ironia non riesce certo a temperare la verità dell'asserto. Tante onorificenze sono la tradizionale foglia di fico che non riesce a coprire vergogne di cui poi non ci si vergogna più di tanto. In passato avevo evocato un aforisma cinese (del filosofo Chuang-tzu del IV sec. a.C.) che ammoniva: «Ruba un chiodo e sarai impiccato come malfattore; ruba un regno e diventerai un principe». Senza voler essere giustizialisti, dobbiamo comunque deprecare che troppi crimini rimangano impuniti o si dissolvano in bolle di sapone quando di mezzo c'è chi ha la possibilità di schierare plotoni di avvocati o di ostentare un potere intoccabile. Ma, più in generale, ricordiamo che il merito non sempre è da cercare dietro una croce da cavaliere o commendatore. Dovremmo cercare di smentire nei fatti la battuta sarcastica di un dramma di Brecht: «Ti ho insegnato a essere onesto, perché intelligente non sei!».
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