venerdì 7 ottobre 2005
L'incompetenza si manifesta con l'uso di troppe parole. Non dice nulla, ma come sa spiegarlo bene! Metto insieme oggi due osservazioni analoghe provenienti da due scrittori a loro modo provocatori. Partiamo con la prima frase che è del poeta statunitense Ezra Pound (1885-1972), vissuto a lungo a Venezia ove morirà. Qualche anno fa avevo scovato casualmente alla Biblioteca Ambrosiana una sua lettera essenziale e limpida nella quale s'informava su un codice di poesia italiana del '400. La cartina di tornasole - egli afferma nel motto sopra indicato - per individuare l'incompetenza di una persona è nella nebbia di parole con cui ti avvolge. Il vero sapiente sa dire in modo chiaro e con parole precise ed essenziali una verità o un messaggio sostanzioso. Lo si dice spesso delle prediche, ma vale per ogni altra comunicazione: quello che uno non sa darti in profondità, te lo dà in lunghezza di discorso. A questo punto possiamo passare all'altra frase che è dello scrittore ebreo bulgaro di lingua tedesca Elias Canetti (1905-1994). Sferzante, egli ci ammonisce contro la pomposa ostentazione di molti che sanno dire bene ma sono simili ad alberi dal fogliame lussureggiante, eppure completamente privi di frutti. Ecco, allora, per tutti un monito: essere competenti esige un paziente lavoro di studio e di apprendistato; solo così si può parlare emettendo non parole vane ma contenuti e verità. Certo, spesso nella società sono premiati i cialtroni; tuttavia bisogna avere il coraggio di resistere alla tentazione di questo successo da fumo e ritornare alla fatica, alla sobrietà, all'impegno, partendo già dalla scuola che troppo spesso sbanda verso la superficialità e la vaga "infarinatura".
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