mercoledì 4 ottobre 2006
Gli innocenti non sapevano che il progetto che volevano realizzare era impossibile. E proprio per questo lo realizzarono! Mi sembra che la dimostrazione vivente di questa considerazione a prima vista paradossale del filosofo inglese Bertrand Russell (1872-1970) sia proprio il santo che oggi ricordiamo, Francesco. È, infatti, questo il coraggio dei santi e dei grandi: non regolare la vita sul minimo sufficiente, ma puntare verso l'infinito, verso appunto ciò che può apparire come impossibile. È ciò che già suggeriva Cristo nel suo celebre Discorso della Montagna quando invitava ad essere «perfetti come il Padre celeste» (Matteo 5, 48). C'è una parola che ai nostri giorni è di molto emarginata, "utopia". Certo, si sa che non di rado la si è usata come strumento di alienazione e di narcosi per controllare le masse o, peggio, la si è voluta attuare in forme politiche o statali con esiti ipocriti e soffocanti. Ma in sé essa è la carica necessaria per vivere, per creare, per amare. Se tutto si riduce a un mero calcolo o a un modesto quieto vivere, ci si rassegna a un'esistenza grigia e triste. Certamente, ad impossibilia nemo tenetur, diceva l'antico motto latino: non si è obbligati all'impossibile. Ma guai a non tendere verso l'alto, a non provare un fremito di coraggio: per raggiungere un livello superiore bisogna sempre mirare più in alto, altrimenti ci si ridurrà a trascinare stancamente la vita in piccoli ambiti senza respiro. È per questo che l'autentica religione ti fa sperare e correre verso l'eterno e l'infinito, oltre il tempo e lo spazio.
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