domenica 10 agosto 2003
Abbiamo camminato sulla terra tu e io e non abbiamo mai saputo quale futuro i giorni ci avrebbero portato" Qualcuno dice che la morte è proprio la fine, ma il mio amore per te non può mai morire. Proprio come il sole un tempo ha riscaldato i nostri cuori, lascia che questo amore ti tocchi qualche notte, quando io sarò andato, e verrà la solitudine, prima che l'alba allontani i tuoi sogni" Meglio essere stato amato da te che aver vissuto un milione di estati e non aver mai conosciuto il tuo amore. Finalmente anche i coniugi, che durante l'anno s'incontrano forse solo a sera davanti a un piatto e a un televisore, in questi giorni possono dirsi qualcosa di più, ritrovare qualche momento di intimità più profonda, far riaffiorare qualche tenerezza che si era stinta o forse estinta. A loro, perciò, vorrei dedicare la citazione, che ho sopra fatto, del testamento spirituale di un medico, malato terminale di cancro, a colei che era stata la compagna della sua vita. Chi vorrà leggere integralmente quella pagina potrà ricorrere all'articolo di O.E. Kelly, Convivere con una malattia mortale, in C.A. Garfield, Assistenza psicosociale al malato in fase terminale (ed. McGraw Hill 1987). Alla base c'è una convinzione già espressa dal Cantico dei cantici biblico: «Forte come la Morte è Amore». Un filo misterioso permane anche dopo lo spezzarsi della vita fisica e, anche quando la solitudine è aspra, si avverte all'improvviso una presenza. Scrive ancora quel medico: «Se la solitudine ti opprimerà, in qualche notte d'inverno quando cade la neve, ricordati: anche se la morte mi ha raggiunto, il mio amore per te non finirà mai». Ma perché questo accada, è adesso che l'amore dev'essere espresso, esplicitato, alimentato, proprio mentre si cammina e si respira insieme.
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