domenica 15 maggio 2005
Ti fa posto il mio cuore tutto intero, lì non c'è spazio per cosa creata. Tra la pelle e le ossa Ti trattengo: che ne sarà di me se Ti perdo?" Il Tuo Spirito s'è impastato col mio, come l'ambra col muschio odoroso. Se qualcosa Ti tocca, mi tocca: non c'è più differenza, perché Tu sei me.
Sono solo alcuni versi del Diwan poetico e mistico di al-Hallaj (ed. Marietti), una delle figure più emozionanti della spiritualità musulmana, anche per la sua tragica fine: egli, infatti, morì decapitato a Baghdad il 27 marzo 922, dopo un'intera notte trascorsa in agonia su un patibolo a forma di croce. Abbiamo voluto evocare queste sue parole nel giorno di Pentecoste, consapevoli delle affermazioni di Cristo: «Lo Spirito - come il vento - soffia dove vuole», superando frontiere culturali e confini religiosi. Il mistico al-Hallaj nei suoi versi fa irrompere appunto lo Spirito di Dio: esso penetra nella creatura animandola nella creazione, trasformandola nella redenzione, ricreandola nella risurrezione.È come il muschio odoroso che viene rinchiuso nell'ambra, profumandola. È un'intimità profonda per cui non si è più soli e si percepisce il senso della confessione di s. Paolo: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Galati 2, 20). Il credente, pervaso dallo Spirito, trasfigura se stesso e le sue azioni; nella vita tutti, credo, hanno avuto la fortuna di incontrare persone simili ed è stato come scoprire il segreto della vera pace e dell'autentica serenità. Il nostro cuore, invece, riserva larghi spazi alle cose, agli interessi, all'orgoglio: lo Spirito Santo è compresso, talora espulso. È per questo che siamo così smorti interiormente, perché non tratteniamo in noi «tra la pelle e le ossa» quel respiro divino.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: