giovedì 11 agosto 2016
Castiglioncello (Livorno), agosto - Mia madre si alzava sempre all'alba. Io, bambina, non capivo perché, e me ne restavo a dormire. Questa mattina ho messo la sveglia alle sei. Fuori, albeggiava. Il mare calmo nelle onde appena accennate respirava quieto. Non è mai limpido come all'alba, il cielo, terso ancora dei vapori del calore. Dal balcone contemplo le prime barche che si staccano dal molo, le vele molli nella calma di vento. Lasciano una scia netta sull'acqua, e io mi domando se anche noi uomini lasciamo una scia nel tempo, quando passiamo.Una cornacchia. Un gabbiano solitario. Al bar Oasi, sull'Aurelia, già fanno i primi caffè - i colpi secchi dei filtri svuotati come il timbro del nuovo giorno. Di fronte, il giornalaio allinea con cura nell'edicola i quotidiani freschi di stampa.Sul lungomare, invece, ancora quasi nessuno. Questo gran cielo e queste onde gentili sono solo dei vecchi pescatori, già appostati sui loro scogli abituali. Li contemplo, immobili con la canna in mano, attenti a ogni minimo sussulto del galleggiante. Ecco che uno si muove, forse un pesce ha abboccato? Macché, ha solo mangiato l'esca e se ne è andato. Il vecchio pescatore senza un moto di stizza rimette calmo l'esca sull'amo, e con un largo movimento del braccio la rilancia. Ne ammiro la infinita pazienza. Escono dalle case i primi villeggianti. Clop, clop è il rumore ritmico delle scarpe di quelli che si allenano alla corsa, già sudando; mentre dai passeggini bambini sveglissimi ciangottano acuti qualcosa, a mamme assonnate. Cani, poi, di ogni razza e dimensione, al guinzaglio dei padroni; labrador che si tuffano felici, nostalgici di acque nordiche. Ai bagni, i bagnini ramazzano il cemento in un frusciare operoso di saggina. Poi aprono gli ombrelloni, e a te che guardi sembrano grossi fiori che si schiudono al primo sole del mattino. In un angolo, accatastati, immobili, i salvagente, i canotti di gomma, coloratissimi, attendono fedeli i bambini. Mi incanta quest'alba perché sembra che il mondo sia nuovo, e che il giorno che inizia possa essere del tutto altro, candido, salvo da ogni male. E ora capisco mia madre, che all'età che io ho ora si levava alle sei, e se ne stava affacciata al balcone, muta: come sperando in quella vita nuova, o forse, chissà, pregando. (Viene istintivo di pregare, all'alba, nel gran silenzio, per tutti quelli che dormono ancora). E ora, sono ormai le sette e quaranta, fischia da lontano una sirena: quella della Solvay di Rosignano, cementi, ferro e ciminiere irte sulla linea dell'orizzonte. Dai suoi enormi camini fumi bianchi si alzano e si disperdono nel cielo: gli uomini hanno ripreso a lavorare. E sarà, forse, un giorno come gli altri: ma come è stato bello vederlo nascere, innocente - come veder nascere un bambino.
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