martedì 16 gennaio 2024
Lui ha nove mesi, è figlio di un mio figlio. Va a gattoni per casa, disinvolto, ma ora medita un esperimento nuovo. Seduto accanto al divano ci si attacca, fa forza, quasi si alza - ricade morbido a terra. Sulla sua fronte si disegna allora un’ombra corrucciata. Ha in mente ciò che vuole fare, e non ci riesce, e s’intestardisce. A sera mio figlio ci manda un video. Il bambino, seduto su un tappeto, si appoggia a un garage giocattolo. Con le manine si aggrappa, si tende nello sforzo, ricade. Riprova, cocciuto, con tutte le sue forze. Ed ecco, è in piedi, per la prima volta. Nei suoi occhi stupore e trionfo: ce l’ho fatta, sto in piedi come il mio fratello grande. Ce l’ho fatta. E ride, come ride Giulio, felice. La stazione eretta conquista di primitivi in evi remoti, in una casa di Milano nell’inverno 2023, di nuovo. E ogni volta è la prima volta: incredulità, vittoria, meraviglia. Rido anche io, felice. Ma non riesco a non pensare che ogni uomo è stato così un giorno, così innocente. Tutti i guerrieri, tutti gli aguzzini e tutte le vittime erano come questo bambino, un giorno. E credevano che la vita fosse buona. E poi, invece. Quanto male fatto, e subíto, quanta ferocia. Che gratitudine, per il mistero di un nuovo bambino. Ma, sapendo ormai troppo, silenziosa mi preme dentro una domanda: liberaci dal male. © riproduzione riservata
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