sabato 3 ottobre 2020
L'egoismo è una brutta bestia. È un declinare il mondo, la vita, sempre e solo alla prima persona singolare, il misurare tutto su sé stessi. Non è solo il mettere sé stessi prima degli altri, ma mettersi al di sopra, secondo un atteggiamento mentale che considera gli altri Inferiori, o nulla. Così l'egoismo non costruisce niente, divide e basta, contagioso e corrosivo al punto che convivenza sociale rischia di diventare una somma di egoismi in precario equilibrio. Dove, è inevitabile, vince sempre il più forte. Il più egoista. Ma è chiaro che così non si va lontano, e prima o poi si finisce solo per moltiplicare i nodi che, presto o tardi, finiscono per venire al pettine. Nel 2007, in visita alla diocesi di Velletri, a questo proposito Benedetto XVI commentando la parabola del fattore infedele mise in luce come «la vita è in verità sempre una scelta: tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e male... In fondo si tratta della decisione tra l'egoismo e l'amore, tra la giustizia e la disonestà, in definitiva tra Dio e Satana. Se amare Cristo e i fratelli non va considerato come qualcosa di accessorio e di superficiale, ma piuttosto lo scopo vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza, occorre saper operare scelte di fondo, essere disposti a radicali rinunce, se necessario sino al martirio. Oggi, come ieri, la vita del cristiano esige il coraggio di andare contro corrente, di amare come Gesù, che è giunto sino al sacrificio di sé sulla croce». Per chi si si vuole dire cristiano, insomma, rinchiudersi nell'egoismo non è solo il pensare “prima a sé stessi”, ma a ben vedere un dire “no” a Dio, un sottrarsi a ciò a cui ci chiama e per usare le parole di Ratzinger, è il fine ultimo del nostro esistere. E nessuno dice che è facile, questa adesione totale, ma come ha detto domenica scorsa all'Angelus Papa Francesco noi possiamo contare sulla pazienza di Dio. Perché «Dio è paziente con ognuno di noi: non si stanca, non desiste dopo il nostro “no”; ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui e di sbagliare. Pensare alla pazienza di Dio è meraviglioso! Come il Signore ci aspetta sempre; sempre accanto a noi per aiutarci; ma rispetta la nostra libertà. E attende trepidante il nostro “sì”, per accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne e colmarci della sua misericordia senza limiti». Per questo allora, ha insistito Bergoglio, «la fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell'amore del prossimo rispetto all'egoismo. Chi si converte a questa scelta, dopo aver sperimentato il peccato, troverà i primi posti nel Regno dei cieli, dove c'è più gioia per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti. Ma la conversione, cambiare il cuore, è un processo, un processo che ci purifica dalle incrostazioni morali. E a volte è un processo doloroso, perché non c'è la strada della santità senza qualche rinuncia e senza il combattimento spirituale».
Questo deve dunque essere il nostro impegno quotidiano, da cristiani: «Combattere per il bene, combattere per non cadere nella tentazione, fare da parte nostra quello che possiamo, per arrivare a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini». La vita cristiana infatti «non è fatta di sogni e belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre alla volontà di Dio e all'amore verso i fratelli. Ma questo, anche il più piccolo impegno concreto, non si può fare senza la grazia. La conversione è una grazia che dobbiamo chiedere sempre: “Signore dammi la grazia di migliorare. Dammi la grazia di essere un buon cristiano”». Per vaccinarsi contro l'egoismo.
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