mercoledì 25 maggio 2005
Saltando fuor del letto, corse verso un altarino che quivi era, e togliendo il suo Crocifisso, lo sconficcò dalla croce e abbracciandolo stretto cominciò a correre in su e in giù per la camera dicendo: «Amore, amore; amore non amato e non conosciuto da nessuno"», facendo il più bel riso, con un giubilo che era una consolazione a sentirla.
Proprio come oggi, nel 1607, si spegneva dopo breve agonia la nobildonna Maria Maddalena de' Pazzi, monaca carmelitana nel monastero del quartiere più povero di Firenze di allora. La sua era stata una vita di infermità e di sofferenze e la scena che abbiamo ritagliato dalla sua biografia I quaranta giorni è la testimonianza dell'atmosfera mistica nella quale essa aveva vissuto la sua esistenza tormentata. Ciò che vorremmo sottolineare in questa descrizione, che nasce dalla testimonianza (trascritta da altri) di Maddalena, è l'intreccio tra amore e gioia.Da un lato, c'è il tipico linguaggio dell'amore che predilige la ripetizione: «Amore, amore; amore non amato"». L'autentica esperienza di fede è, certo, anche conoscenza, ma è soprattutto passione, adesione amorosa, comunione intima. Ecco appunto quell'abbraccio intenso col Cristo «sconficcato» dalla croce. D'altro lato, però, la vera fede è festa, è letizia intima e assorbente, è gioia incontaminata. Significativo è quel «bel riso» che affiora sulle sue labbra, un riso che fa dimenticare la sofferenza. Gesù stesso aveva amato i banchetti e aveva invitato il discepolo a non sfigurarsi il viso per ostentare digiuno e penitenza. C'è nella fede genuina una lievità, una freschezza, una spontaneità che incantano. Anche di questo ha bisogno un mondo sempre più incupito o sguaiato.
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