martedì 6 maggio 2014
Milano, maggio – Stavo andando al lavoro, intenta nei soliti pensieri, quando all'angolo di corso Sempione qualcosa mi ha catturata con forza, tanto che ho alzato gli occhi, per un istante, a cercare chi o cosa fosse. Ma era, semplicemente, un odore: l'erba che cadeva tagliata nell'aiuola si lasciava indietro il suo acre e insieme dolce profumo.Lo conosciamo tutti, il profumo dell'erba. Eppure che sussulto interiore ho registrato, avvertendolo. L'odore del primo sfalcio, che in montagna, dove andavo da bambina, si faceva a giugno, appena finita la scuola; e dunque in quell'aroma inebriante si coagulava per me l'inizio dell'estate, insieme a un'ombra di meraviglia triste, nel vedere i fiori di campo cadere, giustiziati nel massimo loro splendore. E, la falce, con quella sua lama crudelmente ricurva, non mi faceva forse un po' di paura? Le donne la manovravano con agilità, parlando e ridendo fra loro, ma la contadina più vecchia e magra mi ricordava qualcosa di oscuro – mentre a larghe bracciate mieteva margherite e erbe del campo. So, ancora come fosse oggi, il rumore della lama che, regolare e metodica, procedeva; e solo ogni tanto si fermava, quando le donne affilavano con la cote la lama. Verso sera il campo grande, quello in cui io giocavo alla tigre nella savana nell'erba alta quasi quanto me, se ne stava domato sotto al sole del tramonto. Non più calabroni e api ronzanti, né il balenare del bianco e oro e viola dei fiori. Solo una distesa di erba falciata, che già iniziava a emanare un aroma sottilmente diverso, più secco, malinconico, dolce: fieno. E due giorni dopo le grosse balle raccolte con i rastrelli, sudando, sotto al sole alto, avrebbero colmato il fienile: nei raggi di sole che filtravano magicamente tra gli assiti, insieme la giovane erba del campo e gli attrezzi e le slitte e i rastrelli coperti di ruggine e polvere, e avviluppati da ragnatele antiche.L'erba già ricominciava a crescere, lo sapevo, benché non più così alta, e a settembre sarebbero spuntati i colchici violetti, a segnare la fine dell'estate – e noi in partenza, e la scuola da ricominciare.Ma chissà per quale infinitesimale scambio fra neuroni il mio cervello si è emozionato così, stamattina, semplicemente passando accanto a una aiuola; e poi la commozione si è flessa garbatamente in qualcosa di simile a un dolore. Certo, non ci sarà mai più per me “quello” sfalcio dell'erba, in quei giorni luminosi di giugno; ma, mi domando, si taglierà l'erba anche là dove andremo, dove ci ritroveremo?Ci sarà, di certo, dico a me stessa, decisa e cocciuta; ci sarà, perché senza quel profumo non sarebbe veramente Paradiso.
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