giovedì 5 settembre 2019

Un tempo lungo le strade, affrescate sui muri, nelle chiese e in luoghi pubblici e privati, pullulavano immagini note come memento mori. Le abbiamo cancellate o abolite con una certa aria di sufficienza, giudicando tali immagini, rimando per ciascuno di noi all'imminenza della fine, inopportune o macabre. In realtà queste opere avevano un loro preciso significato e un loro valore. Nella cattedrale di Santa Maria di Segovia, un artista spagnolo della seconda metà del '600 – Ignacio de Ries – ha lasciato un dipinto che pare l'istantanea di certi nostri tempi moderni, dove le tragedie più terribili si accompagnano a spensieratezza e gozzoviglie, con una nonchalance preoccupante. Il dipinto s'intitola L'albero della vita e, in effetti, raffigura uno stupendo albero che s'innalza entro tutta la tela.

La chioma è così larga e piatta da accogliere comodamente un banchetto luculliano e ciò sarebbe quasi confortante se non fosse che, nell'ignoranza generale, il tronco dell'albero sta pericolosamente rovinando sotto i colpi di una falce impugnata dalla morte. Chi dirige l'operazione delicata dell'abbattimento è il demonio, piccolo quanto un criceto: infatti, mentre la morte è un'evidenza per l'uomo, del maligno o si parla poco o si parla troppo e ciò rappresenta il miglior favore che gli si possa fare. Oggi, ma evidentemente non solo oggi (e il buon de Ries lo testimonia), da un lato si invoca il demonio a proposito e a sproposito o, dall'altro, si nega la sua esistenza. Il fatto è che esiste e lavora instancabilmente per portare uomini e bestie, creato e creature, verso la morte ultima. A destra dell'albero, Cristo si accinge a suonare una campana. Tra lo scomparire di molte funzioni della campana di un villaggio, uno dei pochi suoni che rimane è quello che annuncia la morte di qualcuno. Cristo annuncia la fine imminente, avverte con lo sguardo preoccupato e premuroso quell'umanità gaudente che occorrerebbe darsi pensiero per altro: sarebbero necessarie opere più consistenti, atti che abbiano il sapore dell'eternità e che fungano da biglietto da visita nell'ultima ora. Come non pensare ai panorami politici attuali, all'Europa? Un'Europa preoccupata dell'equilibrio economico e della stabilità della sua moneta, preoccupata di scaricare i suoi rifiuti (organici o no, spesso anche umani) a destra e a sinistra, senza avvedersi che la scure è alle radici e la campane batte i suoi colpi. Sì, cari governanti, la campana suona anche per voi. E allora tutte le cose perderanno lucentezza e rimarranno, non le cose dette, ma i fatti operati per salvare gli uomini e le loro famiglie. Forse il buon contadino di Segovia era più fortunato di noi: entrando in chiesa, alzando lo sguardo poteva ammirare quel memento mori che lo avvertiva della fine di tutte le cose e della necessità impellente di fare qualcosa non per accrescere se stesso, ma per far progredire l'umanità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI