giovedì 27 luglio 2006
Non imitate nulla né nessuno. Un leone che copia un leone diventa in realtà una scimmia.Quando si studiava in liceo il latino, si citava il detto oraziano (era nell"Epistola I del celebre poeta di Venosa): O imitatores, servum pecus! Che gli imitatori siano una sorta di gregge servile è vero ancor oggi quando alla libertà più sfrenata si associa una patetica schiavitù nel seguire mode e modi di vivere in forma pedissequa e ridicola. Due sono gli animali che di solito vengono evocati per ironizzare su questa debolezza: il pappagallo col suo affettato ripetere suoni e voci, e la scimmia con le sue imitazioni gestuali degli umani.  È a quest"ultimo animale che fa riferimento in modo sarcastico lo scrittore francese ottocentesco Victor Hugo nel consiglio che oggi abbiamo proposto come spunto di riflessione.Detto questo, ribadita la necessità di una propria autonomia e coerenza, vorrei però fare due considerazioni. La prima la desumo dai Pensieri spettinati di un divertente autore nato nell"attuale Ucraina (a Leopoli) nel 1909 e morto nel 1966, Stanislaw J. Lec: «Per essere se stessi, bisogna prima essere qualcuno». Se non voglio cadere nel servum pecus di Orazio, devo avere una mia identità, una personalità, un pensiero, una capacità critica. Ecco, allora, la necessità di una vera formazione di se stessi, del proprio io, della mente e della coscienza. Una seconda annotazione. Non è detto che tutte le imitazioni siano negative. Esiste un esempio per tutti, tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi di s. Paolo: «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (11, 1).
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