venerdì 26 agosto 2011
Non bisogna dire tutta la verità, ma bisogna dire solo la verità.
La verità è ciò di cui occorre sbarazzarsi al più presto per rifilarla a qualcun altro. Chi conserva la verità in mano ha perso.

Due differenti avvertenze sulla verità, che per alcuni è una parolona, per altri, invece, un vuoto termine filosofico. Cominciamo con la prima frase dello scrittore francese, Jules Renard, l'autore del popolare Pel di carota (1894). La sua è una distinzione tra la verità dovuta e non dovuta: nel secondo caso, infatti, si dice la verità ma non tutta la verità. Certo, è una linea di frontiera molto delicata, ma la bussola a guidarci dovrebbe essere una virtù rara, che però tutti credono di possedere in abbondanza, cioè il criterio, l'avvedutezza, il discernimento. Si tratta di un volto particolare della ragione che ti conduce a saper sceverare ciò che è bene comunicare da quello che è meglio resti riservato. Talora le situazioni possono essere delicate: pensiamo solo al caso della verità da rivelare al malato grave. Per questo, accanto al dono dell'intelletto, si assegna allo Spirito Santo anche quello del "consiglio", così come nella lista delle virtù cardinali brilla la prudenza.
Passiamo all'altro ben più amaro asserto di Jean Baudrillard (1929-2007), noto sociologo francese, studioso della società dei consumi. È proprio in questa società che vale la sua rilevazione: la verità è qualcosa di fastidioso e scottante, è il classico cerino acceso, chi non riesce a passarlo di mano si brucia le dita. Un altro scrittore francese, pessimista e scandaloso, Louis F. Céline, nel suo celebre Viaggio al termine della notte (1932), non esitava: «La verità di questo mondo è mortifera. Bisogna scegliere: morire o mentire. Io non ce l'ho fatta ad ammazzarmi». Terribile, ma con un'anima di verità (è il caso di dirlo)! E c'è, invece, chi ha avuto il coraggio di scottarsi per la verità, anzi, di morire per essa. Forse anche noi potremmo per essa fare un piccolo sacrificio…
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