Il Belpaese? Non cambia mai Il j'accuse profetico di Corrado Alvaro
sabato 7 maggio 2011
È desolante e dà i brividi leggere L'Italia rinunzia? (Donzelli) di Corrado Alvaro e constatare che i problemi italiani non cambiano. Questo saggio fu scritto nel 1944 ma sembra scritto oggi. L'attualità dei ritratti autocritici che gli scrittori hanno fatto dell'Italia è purtroppo un'attualità che non tramonta. Alvaro si occupa in prevalenza del Meridione, perché "è il più grande problema della vita italiana" e perché "è meridionale la burocratizzazione del paese, l'enorme afflusso di postulanti nella macchina statale italiana".
Il Sud sarebbe riuscito, secondo alcuni, a danneggiare perfino il fascismo. Ma Alvaro precisa: «Che il fascismo fosse corrotto, se pure era possibile, dai meridionali, cioè dalla tendenza meridionale a vivere aggrappati al potere e allo Stato, non è che una parte della verità ["] al nord fu fatto l'armamento della guerra perduta, del nord sono stati quasi tutti gli uomini che hanno allevato, aiutato, consolidato, il fascismo. Dal nord è venuta la corruzione dei poteri e degli organi dello Stato». Così, in sostanza: «Il lavoro italiano, il contadino e l'operaio, dovevano e devono sostenere il carico enorme di una folla di parassiti, industria parastatale, burocrazia, alti gradi dell'esercito».
È questo lo Stato nemico del popolo che ha caratterizzato, con le sue classi dirigenti inette, voraci e ciniche, la storia dell'Italia unita. Il rimedio sarebbe, secondo Alvaro, un ritorno all'autonomia locale e dal basso, al lavoro artigiano, al «saper fare da sé», perché «il popolo da noi sarebbe un vero serbatoio di élites, di gente differenziata, di lavoratori di qualità ["] Molte lauree, molti diplomi, non fanno dell'Italia un paese di cultura».
Infine il ritratto di Mussolini, «il dittatore che tutti ci invidiavano» finché non usciva dai confini italiani: «un letterato fallito», «un impressionante attore» che «credeva di essere anche un imperatore romano e un principe del rinascimento». Questa Italia del 1944 è un'Italia che oggi sembra cambiata, ma soprattutto per restare se stessa.
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